Uno sguardo dal palco .

Immagine 3 :  La cantina e il passerotto

Nell'immagine precedente ho menzionato una foto in bianco e nero. Una foto di compagni di Liceo. Una quindicina di facce sorridenti, di corna su teste ignare, di boccacce e occhi storti con a lato, in basso, la prof. preferita, la più giovane, la più comprensiva e meno rompiballe.
Un'unica assenza. L'unico forse che oggi non è nè dottore nè professore; che non ha tentato di costruire una famiglia tutta sua e vive ancora con la vecchia madre ; che non ha cercato un posto di lavoro fisso e ogni mattina esce di casa molto presto per portare a spasso il suo cane. Forse quel giorno era assente perchè aveva l'influenza, forse era stato lui ad improvvisarsi fotografo o forse , semplicemente , aveva di meglio da fare.Era il mio amico del cuore ed ho chiamato mio figlio col suo nome.
Ricordo che era un ragazzo un pò strampalato, molto solitario e di poche parole. Anche quando veniva interrogato parlava poco, a voce bassa e lentamente. Non era tra quelli che mettevano scompiglio nella classe, non era maleducato e non litigava con nessuno, però le sue battute erano pungenti, un pò ciniche e quando apriva bocca sapeva colpire al punto
giusto. Vestiva in maniera bizzarra, con colori vistosi, aveva i capelli scuri e sempre un pò arruffati, gli occhi scurissimi e profondi che parlavano più della sua bocca , grande e carnosa. Era magrissimo e per questo camminava curvo tanto che magliette, giacche o cappotti, gli si
sollevavano da dietro. Io e lui andavamo molto d'accordo, nonostante fossimo dello stesso segno zodiacale ( sembra che di regola siano i poli opposti ad attrarsi ). Eravamo come fratello e sorella. Forse un pò di più.
Le sue stranezze e il suo voler stare spesso appartato e per conto suo derivavano dal fatto che era convinto di essere un artista. Di sera, anzichè fare i compiti e studiare, frequentava la scuola di pittura di un pittore abbastanza quotato nella nostra città. A sentir lui passava ore e ore a dipingere. Io , a tuttoggi, non ho mai visto un suo quadro. Che siano delle opere " incompiute" come i miei scritti ? Sta di fatto che studiava poco.
Soprattutto la Matematica. I numeri non facevano per lui, nè tantomeno logaritmi, equazioni, trigonometria. Non ci capiva niente. Per fortuna sua (ed anche mia) mi scelse come aiutante ed io, da buona samaritana, e benemerita " coppetta" ( termine equivalente a super-extra secchiona) lo aiutai sempre per tutto l'arco dei cinque anni del Liceo. Non fu mai bocciato nè rimandato a settembre. Anche in Matematica riuscì sempre a raggiungere la sufficienza. Veniva a casa mia tutti i giorni a fare i compiti con me e a studiare. Lui però non sapeva che io li facevo prima che arrivasse e studiavo anche dopo che se n'era andato via. E già, con lui ci voleva più tempo! Gli dovevo spiegare più volte la stessa regola. Dovevo verificare la sua preparazione quando doveva essere interrogato.
" OIDA. Cos'è e da dove viene?"
" Non lo so. Non me lo ricordo."
" Perfetto da ORAO, con valore di presente. ' Ho visto' quindi ' so '.
Quante volte te l'ho ripetuto? "
" Giusto! E' vero!"
" E come fa il futuro di ORAO ?"
" ORASO ?!?"
" Sì, oppure O-RADO!!! Fa OPSOMAI ! OPSOMAI !"
" Giusto! E' vero!... Signora... oggi non ce lo porta il the coi biscotti?"
E mia madre, dalla cucina :
" Sì , certo. Avete già finito di studiare?"
" No, ci serve il carburante per andare avanti !"
" Ve lo porto subito."
Cinque anni di the e biscotti. Ma non ingrassò neanche mezzo etto.
Ho già detto diverse volte che i miei non mi lasciavano uscire a passeggio. Gli anni più belli, della adolescenza e della prima gioventù li ho passati in " prigione ", in compagnia dei miei sogni ad occhi aperti, guardando il soffitto abbracciata al mio cuscino e ascoltando le parole d'amore che solo il mio " fidanzato" mi diceva:" Chissà se mi pensi... Chissà se mi cerchi...
Chissà se è proprio vero che tu stai pensando a me... Chissà se nel tuo cuore c'è un posto anche per me... Se tu sapessi, casomai...che sogno te da mille anni... Se ti accorgessi... che tu solamente mi stai a cuore... che io per te conto qualcosa... Se ti accorgessi che mi vuoi...
Qualche tentativo d'evasione però l'ho fatto. Non ero così "coppetta" in fondo. La mia voglia di essere libera e di provare nuove esperienze non si potevano tenere al guinzaglio e così, a volte, ero costretta a dir bugie.
Bugie ingenue. A fin di bene. Ed il mio amico mi dava spago.
" Signora, domani alle quattro dobbiamo andare a scuola. La Gina dice che siamo indietro in Greco. Ci fa fare un'esercitazione sui verbi. Ci andiamo tutti. Ro', tu vieni lo stesso: mi devi suggerire. Tanto prendi dieci. Non ti rovini la media!"
" Certo che vengo."
Una volta era l'esercitazione di Greco, una volta quella di Latino, poi quella di Matematica, di Fisica, di Filosofia, di Storia. E poi di nuovo da capo. Almeno una volta ogni quindici giorni, di sabato, c'era esercitazione di qualcosa. Non a scuola ,però. In cantina, da Claudio, il ciccione dagli occhi dolci. Se l'avesse saputo mio padre, mi avrebbe condannata all'ergastolo! Chissà invece se l'ha sempre saputo, visto che il padre di Claudio era un suo amico d'infanzia! Ma no, che non lo sapeva ! Non avrebbe lasciato correre tutte quelle bugie!
La cantina stava sotto l'appartamento dove Claudio abitava. Un seminterrato con due piccolissime aperture che davano sul marciapiede. L'arredamento era spartano, fatto di robe vecchie e mobili sgangherati. Oddio, mobili! Uno scaffale polveroso, sei sedie spagliate, una panca, rubata chissà in quale chiesa. Un giradischi di Selezione e un registratore angiacassette
registrate dalla radio. Grandi feste. Musica a tutto volume.Primi tentativi d'approccio dei ragazzi alle più carine della classe. Sempre le più ben disposte. Un'aria irrespirabile. Nuvole di fumo. Un toccasana per i miei bronchi. Qualcuno pomiciava sulla panca. Io e Franca ballavamo lo shake. Dolores stava sempre seduta. Il mio amico metteva i dischi. Finalmente un lento. Mi avvicinai a lui e gli gridai quasi, per farmi sentire :
" Dai, balliamo."
Miracolo! Si alzò. Ballammo stretti, quasi fermi sulla stessa mattonella. Il mio viso profondato nel suo maglione troppo sgargiante e troppo peloso. Lui incerto. Io più sfacciata.
" Amore bello, come il cielo, bello come il giorno, bello come il mare, amore...ma non lo so dire...!"
E lui :" ...passerotto non andare via...".

Rosella