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Uno sguardo dal palco
Immagine 10 : Signora Lai... O
Lia? Mi sembra di
ricordare, per averlo letto da qualche parte o sentito in una intervista
televisiva, che in realtà la famosa Signora Lia si chiamava Lai ma che il suo
vero nome è stato cambiato all’ultimo momento con un semplice anagramma. Anche
io conosco una Signora Lai. E’ un ulteriore punto in comune con Claudio oltre
ad una mamma che cuce, un padre maresciallo, un unico figlio maschio, gli
occhi miopi e i mille giorni di noi. Perdonami Clà, ma scopiazzerò il tuo
stesso stratagemma , ed anche la mia Signora Lai si chiamerà Lia.
Il ricordo di Lia risale a molti anni fa quando ancora andavo alle scuole
Elementari e quasi ogni giorno bussavo alla porta della mia vicina di casa :
un’anziana signora che mi insegnava a lavorare all’uncinetto e a ricamare a
mezzo punto e che faceva le veci della mia nonna che abitava a molti
chilometri di distanza. Lia era una delle sue figlie e spesso veniva a
trovarla. Piccolina e un pò sovrappeso, Lia aveva i capelli neri e mossi,
appena sul collo , era simpatica e molto attiva, curata , alla moda nel modo
di vestire, allegra e sicura di sè. Un delicato profumo che sapeva di violetta
e gelsomino lasciava presagire che lei era passata da poco. Io ho sempre
pensato che Lia fosse anche una donna ricca perchè sapevo che abitava in una
splendida villa sul mare. Lia era sposata ma non aveva avuto figli. Lei e suo
marito sembravano una coppia affiatata e felice , uno di quei rari esempi di
simbiosi tra coniugi che continuano a guardarsi e a tubare, anche dopo anni di
matrimonio, come due adolescenti al primo incontro. Lia avrà avuto press’a
poco la stessa età di mio padre, suo marito una decina di più.
Lui apparentemente serio e burbero era poco incline ai sorrisi e alle
chiacchiere. Lei, al contrario, conosceva tutti e dialogava con tutti, amava
stare in compagnia e parlare con i giovani, forse perchè, non avendone avuto
di suoi, in ognuno di loro vedeva un potenziale figlio. Fu così che anch’io ,
ogni qualvolta la incontravo, mi fermavo volentieri a chiacchierare. Spesso mi
trovavo a parlarle dei miei malumori in famiglia, a raccontarle della poca
libertà che mi davano i miei genitori, delle mie cotte adolescenziali, dei
miei amori impossibili. E lei era così comprensiva e moderna, così diversa dai
miei genitori antiquati e tradizionalisti. A distanza di diversi anni Lia e
suo marito vennero ad abitare nel mio stesso condominio, quando, alla morte
della madre di lei, occuparono il suo appartamento. Io mi chiedevo che fine
avesse fatto quella meravigliosa villa sul mare e come mai avessero preferito
stare in affitto in un appartamento di nemmeno cento metri-quadri. Facevano
una vita molto ritirata. Raramente s’incontravano per le scale delle persone
che andavano a far loro visita. Solo poche volte qualche nipote si ricordava
di avere degli zii. Persino le sorelle di lei non erano tanto assidue. I
parenti di lui parevano inesistenti.
Quando uscivano di casa, una a fianco all’altro, non scambiavano una parola
tra loro : lui era compito, quasi altezzoso, salutava educatamente abbozzando
un inchino ma mantenendo un atteggiamento distaccato; lei salutava chiunque
con larghi sorrisi ma si aveva la sensazione che frenasse la sua espansività,
temendo di infastidire suo marito. Io pensavo che lui fosse parecchio geloso
di sua moglie e per questo le ponesse dei divieti e dei limiti e che, col suo
modo di fare autoritario, la dominasse. Lei però lo guardava con tanta
tenerezza e in ogni frase che diceva , il nome di suo marito faceva sempre da
soggetto. Poi improvvisamente non si videro più uscire insieme. Come in quelle
casette che si vedono appese sui muri delle case di montagna e che fungono da
stazione metereologica, lui usciva la mattina, quando lei stava in casa, lei
usciva di sera , quando a casa ci stava lui. Fino a quando ad uscire fu solo
lui e lei non si vide più. Se qualche signora curiosa del condominio gli
domandava come stesse sua moglie, lui rispondeva che si sentiva poco bene. Le
donne però, si sa, sono curiose e pettegole. Non era possibile che Lia stesse
ancora in casa con suo marito; non si vedevano più tanto spesso i panni stesi
ad asciugare e, quando c’erano, si capiva che non era stata la mano di una
donna a sistemarli sul filo. Lia se n’era andata via. Dove, nessuno lo sapeva.
Qualcuno azzardava l’ipotesi che fosse molto malata, altri giuravano di averla
vista in compagnia di un altro uomo, molto più giovane di lei. Passarono
cinque anni. Poi, nuovamente, dalla sua finestra, i panni ritornarono ad
essere stesi in maniera ordinata. Lia era tornata a casa ma ancora una volta
lei uciva di sera, suo marito la mattina o il pomeriggio. Le pettegole del
vicinato avevano un nuovo argomento di cui sparlare :
“ Hai visto Lia? Prima abbandona quel pover’uomo del marito che è tanto bravo,
e poi ritorna a casa come se niente fosse successo!” “ Che faccia tosta!”
“ E lui? Che fesso a riprendersela!”
Dicevano anche che l’amante di Lia fosse morto. Che si fosse suicidato.
C’era il tanto per scriverci sopra un romanzo, un feuilleton dell’Ottocento.
Lia però non era più quella di una volta. Non sorrideva ed evitava di parlare
con qualcuno. Si diceva anzi che avesse trovato un lavoro, cosa stranissima
dal momento che aveva superato i sessantanni. Il mistero di Lia, della sua
fuga, del suo ritorno a casa, rimase tale per anni. Forse solo suo marito era
a conoscenza della verità. Ma io volevo sapere. Volevo che Lia tornasse ancora
a sorridere. Provai varie volte ad avvicinarla, a farle una carezza, a porle
delle mezze domande. Ma lei non parlò. Mai. Quando suo marito morì e lei
rimase in affitto in quella casa che ora era diventata troppo grande per una
donna sola, io andai a bussare alla sua porta :
“ Lia , aprimi. Sono Ro’.”
Mi accolse con quella dolcezza di cui solo lei era capace.
“ Lia, scusa se ti disturbo, ma ti devo chiedere un favore.”
“ Certo. Dimmi pure.”
“ Lia, mi serve la tua storia.”
Le spiegai delle mie immagini, delle canzoni di Claudio, di Internet, di
Silvia, di me che volevo andar via come aveva fatto lei. “ Non si può fuggire
da se stessi “ mi disse, “ Io credevo che andandomene sarei potuta essere una
persona diversa, ma mi sbagliavo.” E continuò :” La tua è un’idea simpatica.
Non conosco molto bene le canzoni di Baglioni ma qualcuna l’ho sentita. Per
esempio, ne ricordo una, un po’ vecchia che faceva “ Signora Lia , stasera,
stai con tuo marito...”. Però Ro’, mi dispiace moltissimo... ma non mi sento
pronta a raccontarti la mia storia. Davvero, non me la sento...”
Sembrava mi avesse letto nel pensiero perchè era proprio quella la canzone che
mi faceva pensare a lei. Tornai a casa mia e cercai di convincermi che non la
dovevo disturbare oltre, che l’ immagine N. 11 sarebbe saltata. Qualche giono
fa, dopo che ormai erano passati dei mesi da quella volta, sento suonare al
campanello di casa mia in un orario in cui solitamente sono sola. Guardo dallo
spioncino per vedere se posso o no aprire la porta, o se è soltanto uno di
quegli scocciatori ambulanti che a quell’ora tentano di venderti qualche
imbroglio. Invece è Lia e le apro immediatamente. “ Ciao Ro’, come va? Sai, ci
ho pensato bene e la tua idea mi ha convinto.
Ti darò una mano e , se ti interessa ancora, ti racconterò la mia storia.”
“ Certo. Non mi sembra vero! Entra e siediti.”
“ No, grazie. Preferisco che sia tu a venire da me. Se sei libera puoi venire
giù anche adesso.”
“ Dammi un secondo. Spengo il gas e scendo.”
Ci sediamo su due poltroncine nella sua camera da letto che è allo stesso
tempo una sala da lavoro, di lettura e di ricreazione. Noto il letto singolo e
l’aspetto poco matrimoniale della stanza : una scrivania, un televisore a
grande schermo, un videoregistratore con lettore DVD, una libreria che occupa
un’intera parete, stracolma di libri, videocassette e DVD. Manca solo qualche
poster di Brad Pitt o di Fabio Cannavaro e potrebbe benissimo essere la
cameretta di una ragazzina. Lia tiene in mano un disco, accende il televisore
e inserisce il disco nel lettore DVD.
“ Prima che io ti racconti qualcosa, devi vedere questo film. Ti saranno più
chiare molte cose.”
Partono le prime immagini di “ Harold e Maude “ un film americano ambientato
negli anni sessanta. Il protagonista è un ragazzo, appartenente ad una
famiglia della ricca borghesia , che ha manie suicide e che conosce, durante
un funerale, per i quali nutre una vera predilezione, una ottantenne piena di
vitalità che ha la sua stessa passione. Di per sè il film non è eccezionale,
anzi, a tratti è noioso e cupo, ma intuisco che la storia avrà sicuramente
qualcosa di simile a quella di Lia. Non riesco a vedere qual’è l’epilogo del
film perchè, domanda dopo domanda, dopo diverse interruzioni, alla fine Lia
toglie il DVD e spegne il televisore.Io esordisco un pò troppo bruscamente e
si capisce che non riesco a trattenere la mia curiosità.
“ Lia, questa stanza parla anche per te. Ma mi dici perchè sei andata via ?”
“ Perchè stavo per morire.”
“ Allora aveva ragione chi diceva che ti eri ammalata ?”
“ Sì, ma nell’anima. Nella mente, non nel corpo.” “ Cosa ti mancava ? Avevi
quella splendida villa sul mare. Perchè l’hai venduta?”
“ Non per mio volere. Fu Giorgio a decidere così. Fu lui a non volere avere
più niente. Per non lasciare eredità. A nessuno.”
“ E tu? Anche tu eri nessuno?”
“ Io per lui non contavo più niente. Quando andò in pensione e smisi di
aiutarlo in quello che era stato il suo lavoro, finirono tutti i miei compiti,
anche quelli di moglie.”
“ Per questo te ne sei andata. Perchè non eri più sua moglie.” “ Io
trascorrevo la maggior parte delle mie giornate sdraiata su un letto a
piangere e lui pareva non accorgersene. Così come non si accorse che avevo,
anzi avevamo entrambi, bisogno d’aiuto. Ero sfinita,distrutta ma capii che
dovevo reagire, per me stessa. Allora andai da un dottore perchè mi serviva
qualcosa per dormire e smettere di piangere.E così conobbi un gruppo di
persone che avevano il mio stesso problema e che, come me cercavano aiuto.
Persone all’apparenza normalissime ma che erano invece molto malate.Fu lì che
conobbi prima Emma e poi Ettore.”
“ E chi sarebbe Ettore?”
“ Ettore era quello che tutti credevano fosse il mio amante.”
“ Lo era?”
“ Ettore aveva trentanni meno di me e tanto bisogno di affetto, quell’affetto
che gli era sempre mancato anche da bambino, costretto a vivere con un padre
dispotico e indifferente. Io rimasi affascinata dalla sua ingenuità e dal suo
candore. Mi sentii in dovere di dargli quell’amore che lui non aveva mai
provato.”
“ Così vi siete innamorati.”
“ No. Non fraintendermi, Lui non avrebbe mai potuto amare una donna in quel
senso. Io ero come una madre, una sorella, un’amica, un confessore, un
appiglio con la realtà, un’ancora di salvezza nel baratro della follia. Io ero
infatuata di quella sua fragilità,del suo totale abbandono, della sua
immacolata fiducia nei miei confronti. L’avrei persino adottato se Giorgio me
l’avesse permesso ma lui si oppose con forza a questo mio desiderio. La mia
presenza era per Ettore respiro di vita, la mia assenza una possibile ricaduta
nel buio. A Giorgio, questa mia completa dedizione verso quel ragazzo,
risultava incomprensibile, pensava che anch’io fossi impazzita del tutto. Gli
dissi :” Giorgio, se tu non hai più bisogno di me, io me ne vado.” Lui rispose
:” Accomodati pure. Quella è la porta.” E me ne andai.” “ E poi sei tornata da
lui. Quando Ettore si è ucciso.” “ No. Io sono tornata che Ettore era ancora
vivo. Aveva addirittura ripreso il suo lavoro. Pareva guarito. Invece si era
ammalato Giorgio e aveva di nuovo bisogno di me. Lo sentivo. E sono tornata a
casa. Dopo cinque anni. E sono rimasta accanto a lui fino alla fine, fino a
quando non c’è stato più nulla da fare.”
“ Allora lui sapeva la verità. Sapeva che Ettore non era mai stato il tuo
amante.”
“ All’inizio ho quasi voluto che lui credesse il contrario. Pensavo di
stimolarlo, di ingelosirlo. Volevo che soffrisse come avevo sofferto io per
tanti anni a causa della sua indifferenza. Poi ho dovuto dirgli la verità.
Perchè era giusto così. Perchè la menzogna non ha la strada lunga e sicura.
Perchè lui era stato l’unico uomo della mia vita. Perchè lo amavo ancora.”
.....Signora Lia stasera stai con tuo marito...prova a dirgli che con l’altro
è tutto finito...stasera che hai capito di amare solo lui...con lui siedi e
accendi la tivù... Rosella |