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Uno sguardo dal palco
Immagine Extra: Reale epilogo di uno sguardo
Alla seconda settimana di Ottobre non ero ancora riuscita a mettere in atto il
proposito di bruciare le mie immagini e la cartelletta contenente i fogli
battuti al computer con i relativi disegni-caricature era sempre lì, in bella
mostra, appoggiata sul tavolo del soggiorno, spostata solo leggermente di
posizione ogniqualvolta spolveravo il tavolo. Il lavoro e la famiglia
occupavano gran parte del mio tempo e fuggire di nuovo verso il mare,
all'insaputa di tutti, era diventato molto difficile. Per di più erano riprese
le lezioni alla scuola di ballo che frequento assiduamente da almeno sei anni
ed avevo persino ricominciato a cantare, giacchè l'organizzazione del mio
amato coro polifonico aveva deciso di richiamare a farne parte anche i vecchi
coristi in occasione di un concerto per il trentennale della fondazione.
L'idea mi aveva talmente entusiasmato che mi sobbarcai pure quest' impegno. E
le mie immagini rimasero lì. Quasi dimenticai di averle scritte, dal momento
che mi avevano aiutato a rilassarmi ed ora avevo la mente occupata in altre
direzioni. Fu allora che arrivò l'invito del CLAB per il XII raduno. Dieci
mesi dopo quello al quale non avevo partecipato e che mi diede la spinta di
scrivere. Oh! Oh! Ho una nuova opportunità. E' troppo tempo che non vedo il
mio "fidanzato" . La tentazione è forte. La stessa tentazione che mi procura
il barattolo della Nutella quando apro il primo sportello in alto a destra
della mia cucina. Ho una " crisi d'astinenza da fidanzamento ". Questa volta
ci vado sul serio. Cascasse il mondo! Chiedo pure un permesso al lavoro e se
non me lo concederanno, mi tolgano pure la retribuzione per quella giornata.
Chi se ne frega! Io voglio andarci ad ogni costo.
" Vengo anch'io con te."
Mio marito si offre di accompagnarmi.
"Non devi andare al lavoro? Come fai a venire con me se per te non esistono
le feste, non esistono i sabati liberi nè le domeniche?"
" Prendo un giorno di ferie."
" Sei sicuro? Guarda che io non ho problemi. Vado anche da sola. Ormai ho
deciso."
" Ho detto che vengo anch'io."
" Ok. Tu però non puoi entrare. Non hai il pass. Tu non sei un Clabber."
" Non importa. Ti accompagno lo stesso. Vuol dire che me ne starò in giro a
guardare la città, a scattare foto, a fare riprese con la telecamera.
Qualcosa farò. Non durerà un'eternità questo raduno!"
" Non ho idea di quanto possa durare. Spero tantissimo!"
Quest'anno il Raduno è a Rieti , una città in cui non sono mai stata. Tanto
meglio! Una novità in più.
" Ro', allora hai deciso. Vai al raduno. Beata te!" La mia amica ha una punta
d'invidia.
" Se mi avessi dato retta e ti fossi iscritta pure tu al Clab, saremmo potute
andare insieme."
" Magari! La fai facile tu!"
Non è che io la faccia facile, so che la mia amica "coraggiosa" ha mille
difficoltà, sia pratiche che economiche, come me del resto. Però io agisco
d'impulso cosicchè poi non posso più tirarmi indietro. E tutti devono essere
partecipi del mio entusiasmo.
" Pronto. Ciao Angela. Sai che vado a Rieti, al raduno?"
" Ti sei decisa questa volta!"
" Sì, questa volta non c'è santo che tenga. Vaff...ai soldi!"
"...e con chi vai?"
" Con mio marito. Vuole accompagnarmi a tutti i costi !"
" Che carino! E poi ti lamenti che non ti vuole bene. Non ti molla!"
" Certo. Sarà preoccupato che io possa scapparmene con Claudio, che dici?"
" Sì, sì. E' proprio così."
" Ma finiscila anche tu di prendermi per il c...!"
" Oh Ro', mi raccomando. Portagli il libro."
" Il libro? Quale libro?"
" Quello che hai scritto. Lo sguardo dal palco..."
" E' un libro quello? Vuoi che rida di me per tutta la vita?"
" Ma và, non fare la modesta. E' carino. Gli farà piacere, ne sono sicura."
" No, lascia perdere. Non lo farò."
" Sei scema, se non lo fai."
" Ok. Ci penserò sù. Ciao."
Ci voleva pure Angela a mettermi questa pulce nell'orecchio. Già una volta
avevo portato un libro a Claudio e chissà in quale cassonetto sarà andato a
finire. Però è anche vero che se voglio che Claudio sappia che io esisto,
qualche traccia la devo lasciare. Non riesco a decidere da sola. E' una
responsabilità enorme. Ne va della mia " reputazione".
" Mamma, sai che quest'anno vado al raduno del Clab?"
" E come fai col lavoro?"
" Ho chiesto un giorno di permesso. Ai capi, però, non ho detto dove vado."
" E loro? Te l'hanno concesso?"
" Ci mancherebbe. Non ho mai chiesto un permesso in venticinque anni! Non
penso che necessariamente ci si debba ammalare per assentarsi un giorno dal
lavoro."
" Giusto. Speriamo almeno che tu sia contenta."
" Sono sempre contenta quando c'è di mezzo Claudio! A proposito. Cosa ne pensi
se gli porto quella specie di libro che ho scritto?"
" Non chiederlo a me. Se credi che gli faccia piacere, portaglielo .Mi sembra
ben scritto."
" E chi lo sa se gli farà piacere. Tuttalpiù farà la fine del primo!"
" Magari gli piace leggere quello che scrivono i suoi fans."
" Magari...."
A tavola interrogo i miei due uomini. Mio marito non ha letto mai nemmeno una
riga di quello che ho scritto, mio figlio si è incuriosito soltanto per
l'immagine che riguardava i suoi muscoli e ci ha pure versato sopra due
lacrime, anche se non mi darà mai la soddisfazione di ammetterlo.
" Mà, alla tua età sei proprio ridicola. Quello si spancerà dalle risate a
constatare fin dove si spinga il fanatismo. Il tuo libro andrà a finire in un
cassonetto a far compagnia a quello di nonno."
" Tu, come al solito, sensibilità zero. Non è che sei geloso per caso?"
" Ma cosa vuoi che gliene freghi di te a Baglioni. Quello pensa solo a far
soldi, alla faccia di tutte le sceme che gli vanno appresso."
" Sbagli, non è così. Io sono sicura che non è così."
Mio marito che fino ad allora era rimasto in silenzio, come suo solito, si
offre volontario per aiutarmi.
" Se vuoi, trasferisco tutte le storie sul mio portatile, su un altro
programma. Lo impaginiamo meglio, disegni una copertina e poi io te lo rilego.
Così ha più l'aspetto di un vero libro."
A me non sembra vero che si possa fare. Mi faccio prendere sempre
dall'entusiasmo quando c'è da attuare qualcosa di nuovo.
Tempo una settimana, recuperando qualche ora libera, o rubandola ai programmi
serali della tv o al riposo notturno, il libro è pronto. Fatto in casa come la
pasta al forno di Mamma Singer. Io continuo a definirlo libro, d'altronde
sembra proprio un libro. Ancora non sono così sicura che lo porterò al mio
"fidanzato" ma continuo a tastare il terreno intorno a me chiedendo un parere
anche a qualche altro amico. Angela che mi pungola
continuamente, mi viene in aiuto e mi consiglia:" Se proprio vuoi un parere
più serio del mio e degli altri a cui hai chiesto, fai leggere il tuo libro ad
una persona più esperta e competente."
" Sì, adesso lo mando al Campiello."
" Che c'entra. Perchè , ad esempio, non lo fai leggere a MariaTeresa, una mia
amica che insegna Lettere al Liceo. Forse è una persona più adatta a dare un
giudizio "super partes". Se sei d'accordo glielo chiedo e ti ci accompagno."
" Ok. Ci sto. Proviamo anche questa."
Qualche giorno dopo rivedo Angela e conosco MariaTeresa, la sua amica
professoressa.
" Beh, che mi dici?"
" Quello che ti dovevo dire io, te l'ho già ripetuto tante volte. Il
giudizio ora spetta a MariaTeresa."
Questa MariaTeresa è proprio la tipica professoressa di Liceo. Così, a prima
vista, mi sembra che le sue letture si siano fermate a Dante e Petrarca, forse
a qualche pagina di D'Annunzio. Il dubbio diventa quasi certezza quando
Angela, tra una chiacchiera e l'altra, dice che , secondo lei, il mio modo di
scrivere è semplice e scorrevole, spiritoso e leggero ma assolutamente
sincero, simile un pò allo stile di Sophie Kinsella.
MariaTeresa non l'ha mai sentita nominare questa Sophie Kinsella ed io credo
che non sappia neppure chi siano Margaret Mazzantini, Salvatore Niffoi o
Giorgio Faletti, solo per citarne qualcuno. Non ha letto neppure il Codice da
Vinci di Dan Brown. E' il colmo. Penso che ormai questo libro lo conoscano
pure i sassi. Comunque glielo lascio per un paio di giorni, dopodichè vado a
riprendermelo a casa sua. I suoi occhi, dietro a due lenti
spesse come fondi di bottiglia, mi guardano con ironia, quasi sprezzanti, come
se avessi scritto la più grossa puttanata della storia. Tuttavia mi sorride,
di un sorriso forzato e, con una gentilezza moderata e studiata, mi fa:
" Sono d'accordo con lei. Non ha scritto i Promessi Sposi."
" Bè, sa, io non ho mai avuto la presunzione di riscriverli."
Tra me però penso:" Scommetto che se le chiedo chi era Carneade, non se lo
ricorda?"
Ma sono troppo curiosa di conoscere il suo giudizio.
" Io credo che lei dovrebbe fare una dedica in cui spiega al suo beniamino
quale importanza abbiano avuto nella sua vita le sue canzoni."
" A me pare che le mie immagini non parlino d'altro. E poi alla fine ho
aggiunto una sorta di dedica."
Gliela mostro e le leggo qualche riga a voce alta. Un po' impacciata per
avermi suggerito una cosa inutile ma soprattutto perché così io ho capito che
del libro aveva guardato forse solo la copertina, si corregge prontamente e mi
incoraggia un po' confessando :
" Ho letto solo qualche pezzettino, un po' qua e un po' là. Questo mi è
sfuggito, comunque va bene. Se il suo beniamino ( e ancora con 'sto beniamino
! ) è una persona sensibile come lei dice, non può che fargli piacere ricevere
un simile omaggio alla sua persona."
" Va bene. La ringrazio molto per la sua disponibilità. Ci penserò ancora un
po'. Poi vedremo cosa avrò deciso il giorno della partenza."
Io ed Angela salutiamo e leviamo il disturbo. Sulle scale Angela mi guarda
scandalizzata.
" Lasciala perdere, Rò. Quella, secondo me, non ha letto manco il titolo. Dai
retta a me. Portalo a Claudio e fregatene."
Non c'è che dire. Si vede che Angela mi vuol bene e mi stima. Insomma, per
farla breve, tutti vogliono che io regali questo libro a Claudio, persino mio
marito, visto che lui ha anche fatto la fatica di rilegare i fogli e di
stampare la copertina. Lo giro e lo rigiro tra le mani. Osservo lo sguardo di
Claudio al centro della copertina, unica nota di colore sullo sfondo bianco e
mi sembra che anche lui mi incoraggi con una certa curiosità.
Basta, pensarci ancora. Clà, non guardarmi con quegli occhi, se no ci ripenso.
Prendo un foglio di carta da regalo e avvolgo il libro per non vedere più il
suo sguardo che adesso mi sembra ironico, canzonatore. Lo metto sul fondo
della valigia e.chi vivrà, vedrà. Ormai è fatta. Non ho nemmeno controllato se
ci sono degli errori. Sicuramente ci sarà qualche
errore di impaginazione nel passaggio da Word a Corel Draw. Quasi certamente
ci sarà qualche errore di battitura al computer. Una d di troppo, una g in
meno che ho imenticato di correggere. Pazienza. Non saranno in molti ad
accorgersene.
E così eccomi di nuovo all'aeroporto, alle sei del mattino di sabato 28
ottobre, pronta a decollare per Roma, con un "fidanzato" clandestino dentro la
valigia, che passa inosservato a tutti i controlli. Ma, dal momento in cui
metto piede sull'aereo, ricominciano le persecuzioni. E durano per tutta la
giornata di sabato, fino al mio arrivo a Rieti, la domenica mattina.
Solitamente, quando è possibile, sull'aereo scelgo il posto vicino all'oblò,
perché così ho davvero l'impressione di volare tra le nuvole e io adoro
guardare il mondo dall'alto. Oggi però il mio posto è occupato. Si è seduta
una giovane signora che si scusa per il suo errore ma a cui cedo volentieri il
mio posto dal momento che questo è il suo primo volo ed è un po' in ansia.
Cerco di rassicurarla e prendo il suo posto . Io non ho paura di volare. E
come potrei, visto che sono figlia dell'aria e adoro gli aerei? I viaggi e i
voli non fanno parte ( purtroppo! ) della mia vita quotidiana ma quando capita
di farne uno, mi piace stare in silenzio, con gli occhi socchiusi dietro agli
occhiali scuri, sorda ad ogni possibile chiacchiera ad ascoltare solo il
ronzio delle mie orecchie ad ogni cambiamento di
altitudine. Ma oggi, chissà perché, è diverso. Oggi prendo il giornale
infilato nella tasca del sedile davanti al mio e comincio a sfogliarlo. Dopo
una decina di pagine dedicate quasi esclusivamente a spazi pubblicitari, un
articolo e un'intervista. Indovina un po'? Claudio Baglioni e l'ultimo OSCIA'
a Lampedusa. E sono appena le sette del mattino. Cominciamo bene ! Chiedo alla
hostess se posso tenere il giornale e alla sua risposta affermativa lo
aggiungo ai miei bagagli. All'arrivo, mi accoglie una Roma soleggiata e come
sempre splendida. Con mio marito avevamo deciso di trascorrere il sabato a
Roma e di andare a Rieti la mattina successiva. Un intero sabato da
trascorrere a girovagare per Roma senza una cartina, semplicemente ubbidendo
ai nostri piedi e fidandoci della memoria nel riconoscere le strade già
percorse altre volte. Ma anche così, girovagando senza una meta precisa, con
il solo gusto di passeggiare, guardare i negozi, guardare la gente lasciandosi
carezzare da un sole fuori-stagione, mi sono imbattuta in Claudio per ben
quattro volte. Due volte con la sua gigantografia che pubblicizzava l'ultimo
cd e invitava l'ingresso in un negozio di dischi; due volte con la sua voce,
prima in un bar dove ci siamo fermati a prendere un caffè, poi in un negozio
del centro dove ho acquistato qualcosa per il mio "bambino" rimasto a casa.
Sarà pure un caso, ma ormai Claudio mi segue dappertutto. Sta cominciando a
crederci pure mio marito e pure un po' a scocciarsi. Bene, l'anno prossimo
lascio a casa pure lui e al raduno ci vado con qualche amica, che mi diverto
di più!
Il giorno dopo, sul pullman che ci porta a Rieti, la stessa storia:
un'inflazione di facce di Claudio. Ogni cinque-sei alberi lungo la strada, per
quasi due ore di tragitto, la faccia di Claudio, non troppo sorridente a dire
il vero, appiccicata al tronco di un albero a ricordarti l'importante
appuntamento. Perfino a Rieti c'era la sua faccia davanti all'albergo dove
avevo prenotato. Roba da matti. Non essendo mai stata a Rieti, pensavo fosse
una città piuttosto grande, invece è piccola, tranquilla, silenziosa,
ordinata. Il palazzetto dello sport dove si svolgerà il Raduno è un po' fuori
dal centro del paese perciò bisogna prendere un mezzo pubblico. Questa è la
prima volta che partecipo ad un raduno e voglio andarci per tempo in modo da
trovare un posto tra le prime file. Questa volta il posto me lo devo
guadagnare, non lo posso comprare. Dopo un'ora di attesa sotto il sole, ad
aspettare un autobus che non arriva mai, in un pomeriggio domenicale di un
anomalo torrido ottobre, mi rassegno che anche stavolta il mio "fidanzato"
sarà molto distante da me e mi preoccupo per come farò a consegnargli questo
"libro fatto in casa". Finalmente l'autobus arriva e finalmente sono davanti
al Pala Sojourner col mio pass in mano. Ho vergogna a mettermelo al collo. C'è
un sacco di gente. Urla, chiasso. Qualcuno litiga con gli addetti alla
sicurezza che pretendono di vedere un bonifico di pagamento. Io ho solo il
pass e la carta d'identità. Vuoi vedere che mi rispediscono a casa perché non
ho portato la ricevuta del bonifico? Invece a me non chiedono alcun bonifico e
mi fanno entrare da una parte. Mi trattengo e aspetto che entri una signora
toscana che era con me sull' autobus. Questa però viene spedita da un'altra
parte dove c'è una fila lunghissima. L'addetto che precedentemente mi aveva
fatto entrare mi chiede:
" Signora, che fa qua ?"
Ed io :
" Aspetto quella signora per entrare insieme a lei."
" Non può stare qui. Chi l'ha fatta entrare?"
" Lei. Lei mi ha fatto entrare."
" Io? Io non posso averle detto di entrare. Vada fuori. Dall'altra parte."
E mò, che faccio? Mi metto in fila. Ho perso di vista pure la signora
dell'autobus. Mi sa che quell'addetto alla sicurezza, vedendomi sola, senza il
pass appeso al collo, mi ha scambiato per qualcun altro e mi stava
indirizzando verso un posto più privilegiato. Che sfiga! Potevo star zitta ed
andare per la mia strada. Mi sento sola. In mezzo ad un mare di gente che mi
spinge da ogni parte. E mi sento sciocca. Per aver indossato un habitus
che non è il mio. Per quel "libro fatto in casa" che con ostinazione tengo in
mano con l'altrettanto sciocca illusione che possa far piacere al mio fittizio
"fidanzato". Mi sento fuori posto e comincio a sentire la stanchezza e il
caldo insopportabile. Vorrei andar via e riportarmi indietro il mio "libro
fatto in casa" e mi pento di non averlo bruciato davvero.
Vorrei scappare da tutte quelle voci. Alcune sono voci di Giuda. Si lamentano
perché nel Clab ci sono cose poco chiare; perché in realtà Claudio se ne fotte
dei Clabber e pensa solo al suo tornaconto. Claudio è uno str. presuntoso. Che
devono sentire le mie orecchie? State zitti e non calunniate. State zitti o vi
strappo la lingua. Non avete alcun diritto di oltraggiare il mio sogno. Ma in
ogni paradiso si nasconde un diabolico
serpente e ho l'impressione che anche qui ce ne sia qualcuno.
" Signora, pass e documento d'identità".
Sono arrivata all'ingresso , mostro i documenti e finalmente entro. Non so
dove andare. Il palazzetto è stracolmo. Fosse per me potrei pure stare lì,
vicino all'entrata, lontana dalla bolgia. Ma mi dicono di andare avanti e di
trovarmi un posto. Il libro. Devo prima consegnare il libro. Noto un ragazzo
carino e di aspetto gentile e mi faccio coraggio :
" Scusa. Io ho un pensiero per Claudio. Come posso darglielo?"Mi sorride. E'
proprio carino e gentile.
" E' impossibile."
Capisce la mia delusione ma vuole aiutarmi e mi dice:" Aspetti qua. Vado a
vedere cosa posso fare."
Passano pochi minuti e dalla stessa porta da cui era entrato vedo uscire il
ragazzo con un omaccione alto quasi due metri.
" Signora, può dare a lui il suo regalo."
Resto un po' indecisa e cerco conferme.
" Lo darà a Claudio?"
" Sì certo. Direttamente a Claudio."
Decido di fidarmi. Consegno il libro, ringrazio e mi allontano titubante e
incerta che davvero quel libro finirà nelle mani di Claudio o piuttosto dentro
a qualche sacco delle immondizie. Mi siedo in uno dei pochi posti rimasti
liberi. Non certo in prima fila né tantomeno di fronte al palco.
Claudio non mi vedrà neppure coi binocoli. Meglio così. Ora davvero mi sento
una sciocca, più sciocca che mai e mi pento di aver dato via il mio "libro
fatto in casa". Imbecille, stupida cretina, mi dico, lo dovevi bruciare.
Perché non l'hai fatto? Idiota che non sei altro.
Sento squillare il mio cellulare, anzi, lo sento vibrare da dentro la
borsetta. C'è scritto Fabio Omnitel. E' mio figlio.
" Ciao Amore mio , come stai? Parla forte. Qui c'è un gran chiasso e non sento
quasi niente."
" Ciao Mà. Ti stai divertendo?"
" Sì, certo."
" Non mi sembri molto convinta. Ti sento mogia. Come mai? Hai dato il tuo
libro a Baglioni? Te li ha fatti i complimenti?"
Mi sembra di vederlo. Con la mano sulla bocca a soffocare una risata per non
farmi capire che mi sta prendendo in giro. Ma come faccio a dirgli che è
appena un giorno che non lo vedo e sento già la sua mancanza. Non c'è gusto a
fare niente se tu non ci sei. La luce è fioca, le gioie smorzate. Anche sul
palco c' è tanta nebbia.
Ma la nebbia ben presto si dissolve portandosi appresso la mia malinconia e la
mia solitudine all'apparire , al centro del palco, dell'uomo dei miei sogni,
con la camicia bianca sbottonata leggermente che lascia intravedere un petto
ancora abbronzato. E come ogni volta il tempo si accorcia . Le ore sembrano
durare pochi minuti e le sue note, le sue chiacchiere, i suoi buffi balletti
mi avvolgono in un protettivo abbraccio d'affetto. Ed il suo sguardo, anche se
rivolto alle prime file, è diretto anche a me e le sue mani che stringono le
mani di quanti hanno abbandonato il loro posto per precipitarsi a toccarle,
sfiorano anche le mie che sono rimasta inchiodata al mio posto, su in alto,
vicino alle toilettes. Catturo quello sguardo e lo imprigiono nei miei occhi,
non lo lascerò libero tanto facilmente e lo porterò con me.
Adesso è qui, vicino a me, mentre scrivo un'immagine che manca in quel "libro
fatto in casa" e me lo tengo stretto perché credo passerà del tempo prima di
poterlo rivedere ancora. La mia terra, per ora, non è contemplata dal suo
tour. Ma non dispero. Lassù, il mio Babbo Patapan si starà di sicuro
organizzando per il mio prossimo compleanno. Ed io non vedo l'ora di ricevere
ancora un suo regalo.
.A me basta una canzone. una semplice illusione. per avere quello che non ho.
Rosella
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