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Musicultura Festival, Macerata 23/06/06 Le foto su http://leviedeicolori.splinder.com/post/8537552
Avrei voluto scrivere qualcosa sull’evento a cui ho avuto il piacere di assistere giorni fa a Macerata. Ma più volte ho provato a riordinare i pensieri senza riuscirci. Mi spiace per chi si aspettava una cronaca dettagliata del concerto. Per quello forse i quotidiani e i più bravi dicitori sono stati sufficienti. Resta qualche parola che mi risuona in mente da quella lunga serata, poi tramutatasi una notte insonne di afa e di eccitazione emotiva. E senza porre tempo alcuno tra la fine e l’inizio di un ritorno. Un viaggio senza soluzione di continuità. Un viaggio lungo, difficile per le condizioni atmosferiche proibitive, caldo opprimente, stanchezza di una settimana lavorativa sulle spalle. Toccata e fuga in mille chilometri di follia. Quella lucida, che fa star bene. L’entusiasmo di partire, di prepararsi a vedere volti amici, l’incertezza di come sarà questa ennesima avventura. L’attesa, sempre quella, immutabile nella sua ritualità un po’ sciocca. La partenza con un nuovo compagno di viaggio, uno zainetto per contenere tutte le cose ed i perché, dopo le piccole disavventure fiorentine. Lo Sferisterio è un luogo magico, posto al centro di una città del tutto peculiare e unica nel suo genere architettonico. La facciata, elegante ed austera racchiude una perla di acustica e d’arte, per il “diletto pubblico” come recita l’iscrizione che troneggia in alto. La piazzetta adiacente allungata verso l’alto, è un salottino, in cui una cappa d’afa opprimente non smorza entusiasmi e note perse nel tempo a cavalcare le voci chiassose di bambini che giocano allegri. Il teatro protagonista dell’evento assieme a Claudio Baglioni, spettatore di note e attore in una rara unità tra musica e parole. Nella notte di Macerata il revival che è forse più attuale che mai, omaggio assoluto alla musica italiana, a quei grandi a volte colpevolmente dimenticati, da De Andrè a Bindi, passando per Endrigo, Tenco e Gaber. E poi il legame con Domenico Modugno, con Lampedusa, con la canzone napoletana, magistralmente interpretato con Dolcenera. Nuove generazioni di voci che incantano e si incantano di fronte alla voce di Claudio che fa vibrare corde a volte nascoste in fondo all’anima. E nessuno può restare indifferente. Quasi il timore di disturbare le atmosfere soffuse, di luci, di note, di una voce calda e vibrante ai suoi livelli tonali più eccelsi. Senza strafare a tutti i costi, ma con grande umiltà e professionalità, quelle di un artista che tutte ne ha viste, e tanto o forse troppo ha dato in pasto di sé, ma che ha ancora voglia di mettersi in discussione e di imprimere i suoi sigilli indelebili alla cultura del nostro paese. C’è spazio per un premio, conferito dal Rettore dell’Università di Camerino al cantante che ha saputo unire le generazioni, che ha dato voce ai giovani di ieri e alle donne e agli uomini di oggi e di domani e si pone, umile e dignitoso (ma proprio per questo umanamente più grande) in ascolto dei giovani d’oggi col loro bisogno di risposte. Un Claudio Baglioni meno simpaticamente cialtrone del solito, con le spalle a doversi portare il fardello delle sue apparizioni fugaci in televisioncine e televisionette che non ne hanno scalfito la capacità di emozionare. Il suo saper essere serio ma non serioso, in momenti come quello vissuto tra gli archi dello Sferisterio, ne fa apprezzare ancor più le doti di comunicatore, anche solo di sguardi corrucciati, intensi e buffi e soprattutto veri. In bilico fra la voglia di apparire dettata solo a volte dalle forze esterne ed ineluttabili dello star system, e la capacità innata di stupire. Con le sue canzoni eterne e pur sempre da scoprire in una diversa intonazione, in un diverso arrangiamento, in un timbro di voce che sa comunicare emozioni nuove, di cui a Macerata, ha dato un solo timido finale assaggio con “Mille giorni di te e di me”, Claudio tiene a sé legato un pubblico trasversale. E ne è la dimostrazione il calore tributato dal pubblico fine ed esigente e niente affatto assuefatto a modelli pre-confezionati, presente alla manifestazione. Quasi defilato, come sui quattro assi di palco montati su una spiaggia di un’isoletta lontana o come timido cavaliere di un camion che girava la periferia romana, è richiamato più volte dal presentatore per offrire qualcosa di più. Ma Claudio aveva già offerto il suo meglio, interpretando canzoni immortali e dimenticate, lustrate dalla sua voce placida e pulita e la gioia di tutti, anche di chi lo ha seguito da tutta Italia con la passione di sempre, era già ampiamente ripagata. Sul palco a presentare questi testi immortali, così come a ricevere l’ennesimo premio, e poi quando al termine è letteralmente fuggito via per non rubare la scena agli altri artisti, ha mostrato ancora una volta, di poter rispondere a chi, per troppo affetto forse, vorrebbe piegarlo alle proprie esigenze. E se sono passati decenni, non si direbbe. Viviamo questo tempo ancora per metterci in viaggio e per restare in ascolto di Claudio, oggi più che mai uomo libero tra il desiderio di apparire e la capacità di stupire. Alex |