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Musicultura Festival,
Macerata 23/06/06
Macerata
E’ stata una partenza di quelle
decise in pochi minuti e organizzata in due ore.
La molla che ha fatto scattare la voglia di andare è stata più che altro la
curiosità, quella sete di conoscere, di vedere, di guardare, di incontrare che
dovrebbe sempre muovere i nostri passi.
Il primo incontro con i primi compagni di viaggio è a dir poco bizzarro.
Lasciamo in fretta campi di grano e un furgoncino che si era quasi offerto di
partire con noi. La strada da percorrere è parecchia ma l’organizzazione è al
top. Cartine, itinerari, soste, bibite, musica, cuscini, non manca nulla e
l’asfalto bollente incessante scorre mitigato da colline di girasoli e
coltivazioni a quadrettoni.
La temperatura è altissima e il nostro albergo in posizione strategica è una
tana che decidiamo di abbandonare solo in tardo pomeriggio. Il centro storico
è gremito, l’altmosfera all’interno delle mura antiche è di attesa e
chiacchere.
La compagnia sembra quasi in vacanza, una bibita, un caffè, riparati da un
sole che ancora brucia, si recuperano con facilità biglietti e ci si mette in
fila, ma non pesa l’attesa: scherzi, risate, volti conosciuti, non ci sono
resse, si entra.
Bellissimo lo Sferistereo. L’impatto visivo mi colpisce sempre. Amo l’antico
che risplende di nuovo.
Non appena scenderà la sera, le luci soffuse saranno un altro gioiello nella
notte.
La temperatura è ora perfetta e la visione d’insieme cattura i miei sguardi
assetati di tanta bellezza. Potrei restare in quel luogo per ore, tant’è che
chiunque salga sul palco mi trasmette suoni d’incanto. Stregata dal fascino mi
“risveglio” solo nel momento in cui esce Claudio. Beh, per fortuna, sarebbe
grave se il suo fascino fosse inferiore a quello dello Sferistereo!!!
L’emozione è come sempre alle stelle, la sua voce è tiepida con quel
venticello che accarezza la notte, calda quanto sale, graffiante quando
incontra il silenzio. I suoi gesti misurati, eleganti, il suo viso nostalgico
come le corde appena sfiorate della chitarra. La grandezza stà sempre nei
dettagli. Il suo è un racconto, suonato e parlato, abbracciato, sospeso, senza
tempo, senza identità, prezioso se lo riesci a cogliere.
Ancora una volta ti chiedi chi è quest’uomo capace di dare così tanto, che
scompare quasi a fuggire i clamori.
Una sola nota rincorsa in fretta sul primo seggiolino libero, Mille giorni, è
un attimo portato via dalla banda in fila vestita di rosso. E’ tardi quando si
esce da li, svestiti di emozioni, con brandelli di poesie tra le dita e nel
cuore.
Si fà presto giorno. La città torna a bruciare di sole, il giardinetto
dell’albergo ha rami fioriti ed il muro di pietre rosa dello Sferistereo,
assonnati sguardi ai quotidiani sudati tra le mani. Al telefono una voce
felice al per un sogno conquistato, al telefono una voce che ha perso il suo
sogno, al telefono una voce che ha raccolto la sua meraviglia, al telefono una
voce che va incontro a nuovi giorni.
Rinnovo gli abbracci per tenerli vicini: Grace e Fede fresche voci di venerdi
mattina, Renato e Rita sempre sulla strada verso un incontro, Ylenia salutata
in fretta, Alex raggiante come non mai, Anna frizzante di simpatia, Giuliana,
Anna, gli indomabili Flo e Fabbri. A tutti : a presto.
Ori
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