La maglietta stendardo d’amore


Prova d‘avvio.

Ecco fatto. Il mio regalo è pronto. Una rosa rosa campeggia con prepotenza sul titolo e sul nome dell‘autore. Sto sotto un poggiolo del Laboratorio, alla ricerca di un po‘ d‘ombra, all‘angolo dell‘incrocio, in attesa che arrivi Giovanna a ritirare il pacco, sotto il sole cocente dell‘ultimo giovedì 6 agosto. Sono le tre del pomeriggio e ho avuto una recidiva. Uno dei soliti attacchi di Baglionite cronica che mi affligge da decenni. E già, dopo cinque anni meno cinque giorni, Claudio è tornato. A volte ritornano, come dice Stephen King. E oggi, come cinque anni meno cinque giorni fa, la mia città è nuovamente pronta a ospitare un sogno che non ha mai avuto bisogno delle benzodiazepine per essere incoraggiato. Questa volta ho avuto tutto il tempo necessario per prepararmi al grande evento che è stato una sorpresa, un fulmine a ciel sereno. Non mi aspettavo certo che Clà tornasse a esibirsi ad A., anche se, con tutte le raccomandazioni che ho in paradiso col Padre eterno, non ho mai perso la speranza. Può essere che in tutto questo tempo il Buon Dio abbia dovuto accontentare qualche altro Babbo Patapan, e dargli la precedenza sul mio, forse perché più meritevole, e a me è toccato far la fila per cinque anni? Va bè, meglio tardi che mai! Dicevo però che questa volta ho avuto tutto il tempo necessario per prepararmi all‘evento e fare ogni cosa in maniera più ponderata, senza la superficialità che il troppo entusiasmo a volte può provocare. E Claudio, lo giuro sulla mia testa, se ancora tornerà qui a cantare, non lascerò che vada via a mani vuote. Un pensiero, seppure microscopico sarà il principale dei miei obiettivi. Questa volta vorrei riuscire ad evitare bulldozer e gigantesche guardie del corpo, abbattere tutti gli ostacoli che saranno d‘intralcio al mio sogno. La matura età a volte aiuta. Se da una parte, l‘inevitabile passare degli anni e la tragedia delle rughe incrementano, e non poco, anche i momenti di solitudine e di malinconia, tuttavia ti concedono la capacità di compiere delle azioni sfrontate, al limite della follia e, pur essendone consapevoli, non te ne sbatte niente di quello che potrebbero pensare gli altri, amici o no che siano.
― "Tu sei scema!", ― "A te ha dato di volta il cervello!", ― "Fatti visitare da uno psichiatra in gamba!", ― "Tu stai cominciando a dare i numeri!", ― "Il giorno che finalmente ti sveglierai, per te sarà tragico scoprire la verità!". E questi sono soltanto alcuni dei giudizi più frequenti. Altri invece (pochini a dir il vero) stanno dalla mia parte: ― "Tentar non nuoce!", ― "Sei un pozzo di idee carine!", ―"Tu hai sbagliato mestiere, dovevi fare un lavoro più creativo!", ―" Che male possono fare i sogni, quando sai che sono sogni?". A volte, chi sta dalla parte della mia follia, è un po‘ esagerato: l‘eccessivo affetto nei miei confronti fa stravolgere le idee pure a lui. O forse, vuole solo incoraggiarmi perché, conoscendomi bene, sa che senza qualche gentile apprezzamento, io terrei tutto ciò che scrivo dentro il mio quadernone a quadretti. Mi pare che sto facendo un gran casino. Passo di palo in frasca e non riesco a raccontare per benino tutto quello che è successo. Ma in questo momento ho il cuore che batte all‘impazzata, la mano non riesce a tener ferma la penna sul foglio. Credo di essere una gran pasticciona perché scrivo ancora a mano, come quando andavo a scuola, perché mi sembra che la tastiera del computer mi inibisca l‘ispirazione e raffreddi l‘emozione. Invece lo stare seduta al tavolo del soggiorno, sola con i miei pensieri, quando tutti dormono, sapendo che alla mia destra posso ogni tanto dare una controllatina al mio mare in lontananza, mi dà più coraggio e le parole vengono fuori più facilmente. Ma in questo momento, con questo stato d‘animo, la scrittura che di solito è ordinata e tondeggiante, ancora adolescenziale nonostante l‘età, è diventata nervosa, elettrica, schizzata, eterogenea, scomposta, indisciplinata. Non obbedisce all‘esatta cronologia di un ricordo recente. E‘ più facile per me raccontare di un ricordo passato prendendolo dall‘archivio della memoria, perché, come dire, il tempo stesso l‘ha compattato, l‘ha reso più solido. Un ricordo recente invece è come tagliare le lasagne appena uscite dal forno: le porzioni si confondono, la besciamella cola da tutte le parti. E‘ così che in questo momento sento il mio ricordo: una porzione disfatta di lasagne, con la pasta che sguazza in un mare sciolto di crema bianca variegata da strisce rosse di ragù. Ad ogni modo è sempre un ―buon‖ ricordo! Allora rewind. Riavvolgiamo il nastro e partiamo da capo. Torniamo indietro di quattro mesi.
Cento pagine per un sogno.
Quattro mesi fa, giorno più, giorno meno, su diversi siti internet, compreso quello ufficiale di Clà, cominciarono ad apparire le prime date del Gran
Concerto QPGA. Già dal 14 febbraio, giorno in cui sono andata al cinema per festeggiare San Valentino sola soletta a vedere la prima parte del ―"quadrigetto" del mio ―"fidanzato", sapevo che in estate ci sarebbe stato un concerto, dopo l‘uscita dell‘omonimo romanzo (grande fatica di Claudio che ho letto due volte) e come anticipazione dell‘uscita del doppio cd prevista per l‘autunno. Ma queste sono notizie trite e ritrite, pubblicate su tutti i siti dedicati a Clà, pubblicizzate dai giornali, dalle radio private e dalla televisione, con la costante presenza di Claudio che a volte ci ha messo la faccia, a volte la voce, a volte solo l‘intenzione. L‘ho visto e ascoltato dovunque. Mi è mancato solo di sentirlo per via telepatica. Non poteva sfuggirmi un suo passo. Lo tenevo sottocontrollo. Costantemente. Con assiduità. Roba da far impallidire persino Sandrone! Ma i concerti erano a Roma, a Milano, a Verona, a Palermo. Fino a quattro mesi fa, giorno più, giorno meno, quando alla lista finalmente si aggiunse una data ―"papabile" ai miei spostamenti e alle mie ferie. Ho comprato subito due biglietti (nonostante la celerità in seconda fila) e ho prenotato l‘albergo ( che ho dovuto richiamare in un secondo tempo per spostare la prenotazione a causa della variazione della data del concerto). Fin qui tutto nella norma, nessun intoppo. Ho perfino fatto amicizia col rivenditore dei biglietti che mi riconosce e mi saluta per strada e mi ha tenuto i primi posti anche per un altro paio di concerti estivi. Telefono ad AnnaRita, una clabber che ho conosciuto all‘ultimo raduno della Fiera di Roma.
<< Ciao carissima, come va?>>
<< Oh, Ro‘. Ciao. Bene e tu? Qual buon vento?>>
<< Vento di concerto! Ho appena comprato i biglietti. Vengo a trovarti, con una mia amica, così ci andiamo assieme.>>
<< Io ancora non l‘ho comprato. Penso di andarci la prossima settimana. Devo anche rinnovare la tessera del Clab. Sono così indaffarata per la Cresima di Melania che non ho avuto tempo.>>
<< Allora sbrigati. I posti vanno a ruba e poi rischiamo di essere troppo distanti tra di noi. >> Le do la fila e il numero della mia poltroncina e, dopo una chiacchieratina di quasi un‘ora, la saluto promettendo di richiamarla al più presto. Al più presto significa dopo neppure una settimana.
<< Ciao AnnaRita, mi riconosci?>>
<< Sai che stavo per chiamarti io? Ho visto su Internet che hanno aggiunto un paio di nuove date, tra le quali, guarda caso, c‘è anche la tua città. Immagino
che mi volevi dire questo. E che fai? Adesso non vieni più a trovarmi? Ti sei fatta cambiare i biglietti?>>
<< Vuoi scherzare? Mi concedo il bis. Vengo lì e vado qui. Anzi, prima vado qui e poi vengo lì… se poi devo aspettare altri cinque anni! E‘ meglio per me se mi faccio una bella scorta di emozioni… sai, per i periodi delle vacche magre… >>.
<< Beata te! >>
<< Beati quelli che comprano il biglietto perché di essi è il regno dei sogni! – le rispondo sermoneggiando - Vieni qua anche tu. Ti fai un viaggetto e vedi il concerto una seconda volta, come me. Se vuoi, ti faccio il biglietto. Son sicura che il tipo della biglietteria ne ha da parte qualcun altro in prima fila. Hai sentito? In prima fila. Proprio davanti al palco! >>
<< Che culo! >>
<< Quale culo? Mica li ho avuti gratis! Li ho pagati. Nessuno sconto neppure per la sua ―"fidanzata"! Che legna verde! Quest‘estate mi sa che dovrò rinunciare a qualche uscita in pizzeria. Mi toccherà prepararla a casa. Puff, c‘ho già caldo al solo pensiero di accendere il forno! Ma per Claudio questo e altro! >>
<< Hai ragione. Io però non posso venire lì da te. Troppe spese in questo periodo. Anche il lavoro non è che vada benissimo. La crisi si sente, eccome! Se a mio marito gli nomino ancora Baglioni, questa volta mi ammazza o mi butta fuori di casa a pedate! >>
<< Esagerata! Mio marito invece è più tenero e comprensivo. Te l‘ho detto che mi ha stampato il calendario e la locandina del tour? Li ho attaccati sul frigorifero con le coccinelle calamitate della Thun.>>
<< Il calendario di Baglioni? Nudo? Sul frigorifero?Tu sei davvero matta da accappiare! >>
<< A volte lo credo anch‘io. Comunque Baglioni è vestitissimo! Sai poi cosa ho pensato? Di chiedere al Sindaco di offrire a Claudio la cittadinanza della nostra città. Chissà! Magari con Claudio spesso tra i piedi, mio marito mi sarà devoto per sempre e non mi farà più girare le scatole! >>
<< Questa è davvero una buona idea! Quasi quasi ci faccio anch‘io un pensierino! >>
<< Adesso non allargarti troppo. E non copiare le iniziative altrui! Ricordati che la precedenza spetta a me. A proposito, gli porti qualcosa al concerto? Che ne so, un regalino? >>
<< Ho una mezza idea. E tu? E‘ pronto quel libro di cui mi avevi parlato all‘ultimo raduno? >>
<< Ti ho parlato di un libro? Ti avrò detto che dopo la pazzia dello ―"Sguardo dal palco= ho continuato a scrivere. Ma questa volta Claudio non c‘entra niente. Ho cominciato che saranno già quasi due anni, ogni tanto aggiungo un po‘ di righe ma non ho mai tempo a sufficienza e quando non ho abbastanza concentrazione, mi stufo. Penso che non riuscirò mai a finirlo.>>
<< Di che parla? >>
<< Di tutto e di niente. Di una fuga. Di un incerto ritorno. Di un ospizio. Di una villa sul mare dove abita un vecchio insegnante di musica; di una storia d‘amore e degli ostacoli sui quali ha inciampato nel tempo. Parla di dubbi, di vuoti di cuore, di smarrimenti e tentennamenti, della fitta nebbia che a volte ti si para davanti agli occhi e ti impedisce la visione corretta della strada che hai da percorrere. Ci sono la solita Ro‘ con le sue amiche di sempre, la mamma Singer, Zia Sigh che s‘innamora del maestro di musica e dimentica per un attimo il suo paracadutista. C‘è un attraente psicologo, figlio del maestro di musica e poi … boh! E‘ ancora tutto da scrivere. Non sono arrivata neppure alla metà. Te l‘ho detto, chissà se riuscirò mai a finirlo. E‘ così come per il canto, il ballo, la ginnastica, i dolci, i quadri a mezzo punto, mi servono per passatempo: quando mi scoccio di uno, faccio l‘atro, e così via. Quasi mai termino quello che comincio. In fondo sono una mezza donna, anche se, essendo una Gemelli, dovrei valere per due. Ma quando Castore e Polluce decidono di mettersi a litigare tra loro è un gran casino… mi fuma pure il cervello… >>
<< Più che Gemelli mi sembri un parto plurimo… però raccontato così, il libro dico, sembra carino. Come s‘intitola? >>
<< Penso che lo intitolerò - I sogni non finiscono all‘alba- ma con me non c‘è mai niente di definitivo. Cambio idea ogni cinque minuti. Però una cosa l‘ho terminata. Tutti i capitoli saranno preceduti da P.O.E.S.I.E. ossia da Piccole Ossessioni E Semplici Istintive Emozioni ( QPGA insegna!) d‘introduzione al capitolo; sono digressioni, deviazioni del cuore, una valvola aperta allo sfogo dei pensieri che fuggono come dal vaso di Pandora, lasciando sempre uno spazio alla
speranza. Chiamami Emily d‘ora in avanti… Buuuum…! Fino a oggi ne ho scritto una quarantina ma è probabile che ce ne saranno delle altre. >>
<< Scommetto che sarà questo il tuo regalo per Claudio! >>
<< Ci sto pensando, vedremo. T i terrò informata. Ora ti lascio perché alle otto e mezzo ho le prove col coro e devo lasciare la cena pronta e ancora non ho fatto niente! Uffa, che noia! Mangiare, sempre mangiare… Ci sentiamo allora. Ciao carissima, baci alle bambine.>>
<< Grazie Ro‘, ciao a presto. >>
Era vero. Ci avevo pensato. Di regalare a Claudio le mie P.O.E.S.I.E. Non ci posso fare nulla. C‘ho questa stupida fissazione che lui capisca nel profondo quello che ho da dire. Oltre che il mio ―"fidanzato", lui è l‘amico fidato con cui posso parlare senza parole, ha gli stessi occhi del padre che mi manca, è l‘amante misterioso che incontro nei sogni, quando perdo la consapevolezza di essere una persona per bene e soprattutto fedele; lui è il gioco di una donna adulta che non vuole dimenticare l‘ingenuità e la spontaneità della fanciulla che è stata; è il fratello che ascolta le confidenze che restano al chiuso dei pensieri. Lui è quasi come un angelo custode. Quando sento che mi manca qualcosa, lo vado a cercare nella sua musica, onnipresente, dove spesso trovo sollievo e rifugio. Con la fantasia. Che potrebbe anche essere lontana anni luce dalla realtà, ingannevole e falsa, ma che ho consapevolmente rivestito con un‘aura di perfezione che è quasi impossibile demolire. Chissà, forse. Se dovesse mai fare la fine di un sindaco suo amico. Può darsi . Perché tengo troppo all‘onestà. Di chicchessia.
Però una quarantina di P.O.E.S.I.E. sono insufficienti per farne un altro libro ed è necessario che pensi a qualcosa che a Claudio possa piacere, sicuramente più delle mie paranoie. L‘idea non tarda ad arrivare e, ancora una volta, è la busta della spazzatura che mi viene in aiuto. Sto pensando a QPGA, al romanzo per l‘esattezza, all‘arco e al tetto che erano il sogno di Andrea per poter cambiare il mondo. Sto pensando al mare, a quanto il mare piaccia a Claudio, tanto da citarlo spesso nelle sue canzoni. Sto pensando a quanti posti di mare abbia mai effettivamente visitato. O se invece, fatta eccezione per il mare che circonda Lampedusa, di cui conoscerà senz‘altro anche la più piccola insenatura, si sia fermato ad ammirare , da una finestra dell‘hotel di turno, solo la veduta panoramica di ciascuna città di mare in cui ha fatto tappa il suo tour. Non so, per esempio, cosa abbia visto della mia città sul mare, cinque anni meno cinque giorni fa. Forse solo una spiaggia, degli scogli, il riservato con le sdraio e gli ombrelloni giallo-verdi del Punta Negra e l‘aeroporto semideserto per le partenze di primo mattino. E‘ a questo che penso mentre butto nella spazzatura la carta che avvolgeva il prosciutto per le omelettes. E in quello stesso momento vedo la carta stropicciata di una mia poesia, così cazzona, da meritarsi quella fine. Eureka! Come Archimede mi si accende una lampadina. Ho trovato quello che renderà le mie p.o.e.s.i.e. più interessanti. Mi metterò subito al lavoro. Ho quasi quattro mesi davanti a me prima della fatidica data del concerto. Se mi do da fare, potrebbe venir fuori qualcosa di buono. Non vedo l‘ora di mettermi all‘opera, ho la testa piena d‘idee e ci penso su per tutta la sera, anche durante le prove di canto tanto che Ugo, il nostro direttore, è costretto diverse volte a interrompere l‘esecuzione per arronzarmi e costringermi a una maggiore attenzione. Mi fa persino cantare da sola L‘Ave Verum di Poulenc per dimostrarmi che sono calante già dal primo LA di apertura.
<< Su, su, tira su quella nota! Pensala più alta! SSHHH! Piano, piano, sullo spartito c‘è scritto pp, non sapete leggere? Che avete oggi? Sembrate il coro delle vecchiette alla messa delle cinque! E che cavolo! Da capo… da capo… >>
Mi verrebbe da dirgli: << Che palle! Facci cantare qualcosa di più allegro e vedi come la facciamo più volentieri. >> Non è semplice per chi, come noi, canta solo per passione e dopo una giornata di lavoro, rimanere a far le prove fino a tarda notte a ripetere sino allo sfinimento ― Laudate Dominum… Laudate Dominum…‖ oppure ― O mentes perfidas… o linguas duplices…‖. Se non ci fosse la passione sarebbe davvero dura. Io ce la metto tutta ma non sono Katia Ricciarelli e, tutti insieme, potremmo al massimo esibirci al sotto-Scala. Oggi poi ho tutti i neuroni in sciopero. Attenzione: zero. Intonazione: zero meno - meno. Forse avrei fatto meglio a saltare le prove. Avrei fatto volentieri a meno di questa figura di cacca davanti a tutti. Non vedo l‘ora di tornarmene a casa. Ho voglia di mettermi all‘opera al più presto per vedere se è fattibile quello che ho in mente. Io sono quella dei ―"libri fatti in casa": ― "Casa mia Editrice". Poche fotocopie per i miei cari. La mia copia che fa il giro degli amici. Quattro in tutto. E l‘entusiasmo con la voglia di fare mi mettono le ali. Nel giro di una decina di giorni è tutto pronto, tutto dentro una cartella del p.c. che ho chiamato Mare dentro, Mare di me, deformando una famosa canzone di Clà. Ci sono le foto della mia città, che ho scelto tra le centinaia scattate con la digitale, ci sono le mie p.o.e.s.i.e., ciascuna illustrata con adeguate clipart e c‘è il cestino della spazzatura, pieno di carta appallottolata. Infatti, ogni poesia è come se venisse ―"ripescata" dal cestino e riaperta: l‘effetto è quello di uno scritto su una carta stropicciata. Tutto merito dello scanner! Le foto invece hanno alla base una
didascalia poetica per eccellenza: sono frasi di mare tratte dalle canzoni di Claudio. In tutto ci saranno un centinaio di pagine, sufficienti per dar loro l‘aspetto di un libro che rilegherà l‘infinita pazienza di mio marito. Manca soltanto la copertina. Ed è il mare a suggerirmi l‘idea in una caldissima e assolata giornata di giugno quando, sdraiata al sole a pancia in giù, vedo mio marito intento a fotografare la trasparenza dell‘acqua del mare sulla battigia, i sassolini, la sabbia umida. Eureka di nuovo! Mi alzo di scatto e lo raggiungo.
<< Aspetta - gli dico - fotografa questo! >> Recupero un legnetto e scrivo sulla sabbia T.V.T.B. Lui obbedisce e il risultato è una copertina con un messaggio moderno poco compatibile con i miei anni. Il titolo è rimasto quello della cartella sul p.c.: Mare dentro Mare di me. E chi sarà mai la prima persona chiamata a dare un giudizio sul risultato? Angela. La mia amica Wonder woman. Sempre lei. Con lei vado sul sicuro perché è quella che incoraggia con foga le mie follie.
<< Ro‘, è bellissimo! Non pensavo che fosse così quando al telefono mi hai spiegato press‘a poco quello che avevi intenzione di fare! >>
<< Bellissimo è una parola troppo grossa. Sei sempre la solita esagerata. >>
<< Davvero! E‘ carinissimo. Non avere dubbi. Regalalo al tuo ―"fidanzato" e farai un figurone! Bello, bello, bello! Complimenti. >>
<< Bontà tua. Quanti superlativi! Sei troppo generosa, per questo l‘ho fatto vedere prima a te. >>
<< Guarda, Ro‘. Se facesse schifo, te l‘avrei detto chiaro e tondo: << Ro‘, fa schifo >>. Ma no, invece, mi piace davvero. Anzi, questo me lo porto a casa e me lo leggo con calma. E lo faccio leggere anche a Rita. Vedrai che piacerà anche a lei, ne sono sicura! >>
<< Ahia, si ricomincia. Mi sembra di aver già vissuto questo momento. Ho un dejà-vù… >>
Lei ride ed io le vado dietro. Angela è forte. Senza di lei la mia autostima andrebbe a farsi f… are la paglietta per un giro…
Nonostante gli apprezzamenti e le parole d‘incoraggiamento di Angela non mi sento sicura. In fondo al cuore resta sempre quel buco nero d‘incertezza che mi fa temere di comportarmi da sciocca. Ma per quale motivo soltanto alle ragazzine è permesso che vadano in escandescenza per il Marco Carta di turno, mentre se lo fanno, come me, le donne di mezza età, vengono considerate e derise come fossero vecchie galline imbizzarrite, tardone depresse senza cervello e senza vergogna? Perché mai la serietà e la compostezza devono essere direttamente proporzionali all‘età anagrafica, se l‘età cerebrale resta immutata nel tempo? Perché devo mettere il silenziatore ad un‘emozione che è la stessa di quella che avevo a ventanni? Ho deciso. Strapperò la carta d‘identità. Tanto mi sembra sia scaduta in aprile. Ma lo stesso, questo ―"libro" mi pare troppo poco, ripetitivo come regalo. Ci vuole qualcosa che lo renda diverso dallo ―"Sguardo". Deve avere un messaggio in più oltre a quello sulla copertina. Q.P.G.A.: Andrea sogna un mondo migliore. Sogna di cambiarlo con arco e frecce. Su un tetto. Eureka! Non c‘è due senza tre. Esco da casa e vado a comprare quel qualcosa che renderà il mio ―libro‖ diverso dal precedente.
Per fare tutto ci vuole un fiore.
Spero di trovare quello che ho in mente. In fondo ho dalla mia parte la stagione estiva, durante la quale tutti i negozi della mia città fanno a gara a chi ha la più vasta fornitura di ricordi di vacanza da portar via. La ricerca però non è così facile come credevo. Avevo pensato di abbellire il mio nuovo libro fatto in casa con un oggetto che simboleggiasse contemporaneamente e un messaggio, se possibile più intellettuale di quello sulla copertina, e un augurio, una protezione per la vita futura. Cercavo un arciere. Un fac-simile in miniatura delle statue di antichi guerrieri trovate durante gli scavi archeologici in una zona della mia isola nel 1974 (quasi contemporanei del Q.P.G.A.!), risalenti forse all‘VIII secolo avanti Cristo e che probabilmente, in quanto simboli di forza e potenza, servivano come protezione dalle avversità provenienti dal cielo (calamità naturali, eclissi, etc.). Cercavo un arciere. Nessun altro guerriero. Cercavo un arciere che fosse anche minuscolo da poter utilizzare come portafortuna. Alla fine dopo diverse ricerche fallite, da un negozio all‘altro, l‘ho trovato. E‘ un piccolo ciondolo su un cordolino di caucciù. E‘ un arciere d‘acciaio con un puntolino d‘oro sul petto. E‘ un arciere dal cuore d‘oro. Come Claudio.
Manca un mese o poco più alla data del concerto e per chi, come me, abita ad A., è praticamente impossibile non sapere che il 6 agosto ci sarà il Gran Concerto di
Baglioni. La città è totalmente invasa dalla sua faccia a metà (che mi ricorda il Benjamin di Brad Pitt a dire il vero). C‘è una locandina in quasi tutti i negozi. Ce n‘è una nel supermercato dove faccio la spesa, un‘altra nel negozio d‘abbigliamento dove spesso acquisto i miei vestiti ( la commessa l‘ha persino staccata prima del tempo e me l‘ha regalata); un‘altra ancora si trova nel negozio di calzature dove compro le scarpe, e poi un‘altra nella panetteria, una nella profumeria, una nel tabacchino vicino a casa, una in quasi tutti i bar del centro, sulla vetrina del mio parrucchiere, in quella della gioielleria dove ho trovato l‘arciere. Lo giuro. Non sono stata io ad attaccarli. Sono sbocciati tutti assieme, un po‘ dappertutto, all‘alba di una notte di luna. Quella stessa luna che è sua, che è mia e di tutti quelli che stanno col naso all‘insù ad ammirarla mentre illumina a giorno i sogni di ciascuno.
Cinque anni meno cinque giorni fa , che io ricordi, non c‘erano tutti questi manifesti. A essere sincera me ne ricordo solo uno, molto grande, sulla strada d‘ingresso alla città. Però può essere che mi sbagli. Questa volta mi sento pedinata. Ovunque vada ho il suo sguardo, anzi il suo mezzo sguardo, vigile su di me. Il telefono di casa mia e il mio cellulare squillano in continuazione. Tutti quelli che sono a conoscenza del mio ―fidanzamento‖ ( tranne Novella 2000!) si sentono in dovere di avvisarmi sulla data del concerto, come se io non lo sapessi già da quattro mesi a questa parte. Al lavoro poi, non se ne parli! Mi fanno a beffa. Mi sfottono a più non posso. Giuseppe, l‘unico maschio tra i colleghi di lavoro, è il peggiore di tutti e non c‘è giorno che mi risparmi qualche battutaccia su Claudio, ogni volta che alla radio trasmettono una sua canzone. Se mettono ―"In viaggio", apriti cielo! Ci canta sopra ripetendo solo << Io, io, chi sono io? Io, io, chi sono io? >> e aggiungendo << Ro‘, ma lo senti? Non sa manco lui chi è. Si è tanto tirato che nemmeno si riconosce! >>
<< Tutta invidia la tua perché lui è bello e tu molto… ma molto…meno nonostante abbia la metà dei suoi anni… e … senza bisogno di chirurgia plastica. >>
<< Ah, no? E allora perché continua a ripetere – Chi sono io?- Perché c‘ha gli occhi così stretti che non riesce manco a guardarsi allo specchio. E le guance? Vogliamo parlare delle guance? >>
<< Che palle, Giusè! Non hai altro da fare oggi? Vedi di smetterla se non vuoi diventare biondo perché ti ho rovesciato in testa una ―"clearance"! >>
Tutti hanno qualcosa da dirmi per ridicolizzare al massimo questa mia passione eccessiva e poi? Poi vengono da me, quasi in punta di piedi, con la coda tra le
gambe, per chiedermi : << Ro‘, non è che me lo puoi buscare un biglietto per il concerto tra i primi posti? >> Sorrido sotto i baffi e rispondo: << Ok. Vedrò cosa posso fare. Ma fosse per me… vi farei sedere su uno dei pioppi che ci sono all‘Anfiteatro… sperando tanto che si spezzi il ramo… ringraziate che non sono così cattiva! >>
E regna il sorriso e il buonumore. E si affaccia sul cuore la gioia per qualcosa che deve ancora succedere.
Mancano ormai pochi giorni alla fatidica data del 6 agosto e ancora non sono riuscita a scoprire quale sarà l‘hotel che ospiterà Clà e la sua troupe, se lui alloggerà da una parte e la sua band da un‘altra. Alcune voci dicono che dormirà al Carlos V, uno degli alberghi più belli e lussuosi della città, con le stanze che si affacciano su un panorama meraviglioso e un ristorante che, dicono, competa col panorama. Ma il Carlos V è in città, alla fine del lungomare Dante. Per quanto bello possa essere, non penso che Claudio preferisca un hotel facilmente raggiungibile. Soprattutto dai fans. Povero Sandrone, avrebbe un gran bel da fare. Chissà se gli basterebbero i suoi quasi due metri di statura per proteggere il ―grande mago‖! Altre voci parlano dell‘hotel Punta Negra che è lo stesso che l‘ha ospitato cinque anni meno cinque giorni fa. Si parla addirittura di una mega cena post concerto nel ristorante più rinomato della città che è dello stesso proprietario dell‘hotel. Atri ancora parlano dell‘Hotel El Faro, anche questo splendido, con una spettacolare piscina interna che comunica direttamente col mare aperto. E‘ davvero una sciccheria. Io lo so perché una volta ci ho cantato col coro. Era un concerto di brani folkloristici ( parlo di parecchi anni fa quando ancora ci dirigeva Padre Giovanni, un frate francescano) e noi stavamo sul bordo laterale della piscina. Ricordo con nostalgia quella notte. L‘eleganza dei clienti seduti ai tavolini. Le candele accese sui tavolini. Il buio sull‘acqua della piscina e la luna che illuminava il mare facendogli strada all‘interno.
<< Pronto, Ro‘? Ciao, l‘ho saputo! >>
Non so quante volte Angela mi abbia chiamato negli ultimi giorni per comunicarmi le notizie più recenti sull‘albergo prescelto.
<< Che cosa hai saputo? >> Le rispondo.
<< L‘Hotel. So qual è l‘hotel dove Baglioni va a dormire. >>
<< E allora? Che cosa cambia? Uno vale l‘altro.>>
<< Ma non hai capito? Se sai dove alloggia, puoi andare di persona a portargli il regalo! >>
<< Sì, magari gli faccio pure la serenata sotto la finestra! Peccato che la chitarra se la debba suonare da solo! Tu sei fuori di testa. E poi la pazza sarei io. Non se ne parla proprio… non ci andrò mai. >>
<< Ma allora, vedi che non sai approfittare delle occasioni. Davvero non ti capisco.>>
<< E meno male che mi conosci! Mi ci vedi andare alla reception con pacchetto e fiorellino? – Buongiorno, scusi vorrei consegnare questo al signor Baglioni.—Mi sotterrerei dalla vergogna. Già mi sento abbastanza idiota solo a pensarlo. Però quanto mi piacerebbe farglielo trovare nella sua stanza dopo una faticosa giornata di lavoro! Magari lo aiuterebbe a prendere sonno, in caso ne avesse bisogno. Certo mi piacerebbe…lo sai… sono una romanticona… Ma quell‘energumeno di Sandrone dopo aver controllato sotto il letto, sotto i cuscini, sotto al materasso, nell‘armadio, nella tazza del cesso, lo farebbe volare dalla finestra, pensando si tratti di una bomba ―"carta"! >>
<< Non hai tutti i torti, però l‘idea è così carina… >>
<< Angela, sveglia! Non c‘è più posto per i romantici a questo mondo. Bisogna essere pratici. Nella maniera più banale farò recapitare il mio regalo dal fioraio oppure, male che vada, glielo lancio sul palco. Vedrai che così lo colpisco sul serio! >>
<< Ah! Ah! Se hai una buona mira, ce la fai di sicuro! Ok, Ro‘. Allora rimaniamo d‘accordo così. Io m‘informo meglio e poi vediamo. Quel libro va consegnato. Te lo dico io. Scordati di tenertelo a casa. >>
<< Va bene, va bene. C‘è ancora tempo per pensarci. Ciao, ci sentiamo. >>
Adesso mi trovo davanti alla vetrina del fioraio, col mio pacchetto regalo. E‘ quasi ora di chiusura. L‘ho fatto apposta perché nel negozio non ci fosse nessuno ed io possa parlare con Lucia il più privatamente possibile. Aspetto che il cliente dell‘ultimo momento se ne sia andato, soddisfatto del suo Spatifilium confezionato a regola d‘arte, ed entro. Lentamente, quasi in punta di piedi. Mi sento osservata passo dopo passo. Ma da chi, se sono circondata da piante e fiori di ogni colore e dimensione? Si sa che le piante hanno un‘anima e un‘indiscussa sensibilità. Hai visto mai che riescono pure a vedermi?
Lucia, la proprietaria del negozio, non c‘è. C‘è la commessa che, vista la mia titubanza e il continuo guardarmi attorno e, vista anche l‘ora, mi sorride e mi chiede: << Desidera? >>
<< Ecco, io… >> cerco di scegliere le parole più adatte, quasi balbettando, per non essere presa per pazza. Del resto non credo che le capiti tutti i giorni qualcuno che le chieda di confezionare con un fiore un regalo per Claudio Baglioni.
<< …volevo sapere se era possibile confezionare questo libro – lo tiro fuori dalla busta e lo appoggio sul bancone della cassa – con un bocciolo di rosa, preferibilmente rosa… >>.
<< Certo che sì. Le serve in questo momento? Perché vede, Lucia ora non c‘è e non penso che ritorni per oggi >> mi spiega.
<< No, no. Non mi serve adesso. Sarebbe per questo giovedì. A proposito, voi vi potreste occupare di consegnarlo al destinatario? >>
<< Ma certo, signora – mi risponde sgranando gli occhi , stupita forse per la mia domanda così ovvia, visto il mestiere che fa – mi lascia l‘indirizzo e noi lo recapitiamo dove vuole. >>
<< Bè vede… l‘indirizzo… ancora non so bene dove… Questo è un piccolo pensiero per Claudio Baglioni. >>
Ecco l‘ho detto. Finalmente ci sono riuscita. Non so di che colore ho la faccia, visto che il cuore me lo sento ovunque: in gola, nelle orecchie, sulle tempie, sotto la lingua, sul palmo delle mani.
<< Scusi? Ha detto Claudio Baglioni? Il cantante? >> mi chiede con gli occhi ancora più sgranati.
<< E chi sennò? Proprio lui. Non sa che c‘è un suo concerto all‘Anfiteatro, questo giovedì? >>
<< Eccome se lo so! Devo andarci anch‘io alla chiusura del negozio. Qui non capita spesso di avere personaggi così famosi. >>
<< Insomma. D‘estate qualcuno c‘è. L‘anno scorso c‘è stato Panariello, Albertazzi con Enrico Brignano, Venditti. Quest‘anno, oltre Baglioni, ci saranno Arbore, i Pooh, Massimo Ranieri… >>
<< Sì, l‘ho sentito. Mi sembra che Baglioni ci sia già stato. Non l‘anno scorso. Forse due anni fa. >>
<< Quanto? Due anni fa? Si sbaglia. Sono passati cinque anni dall‘ultima volta.>>
<< Però! Non credevo fosse passato tutto questo tempo. >>
<< Purtroppo sì. Ci trascura un po‘ nonostante gli vogliamo un gran bene >>, le dico ironizzando sul libro appoggiato sul banco.
<< Che onore! – ribatte la commessa – consegnare un regalo a Claudio Baglioni. E‘ già capitato di fare delle consegne floreali a personaggi noti. Ma Claudio Baglioni, stento a crederci che possa farlo io! >>
<< Infatti sarà difficile. Quasi impossibile. Sto valutando qualche altra alternativa di consegna, per evitare che il regalo vada a finire tra le mani della security, oppure perduto o, quel che è peggio, buttato via. Ho tempo fino a giovedì. Qualora non lo dobbiate consegnare voi, manderò mio figlio a ritirarlo e a pagare, perché io sono al lavoro. In ogni caso, vi telefono. Mi raccomando, fate una confezione speciale, scegliete un bel bocciolo, io mi fido molto della vostra bravura.>>
<< Senz‘altro, signora. Faremo del nostro meglio, anche se con questo caldo i fiori si afflosciano subito.>>
<< L‘importante è che duri almeno un paio d‘ore. Per ora la ringrazio. A giovedì allora.>>
<< A giovedì. Arrivederci. >>
Indagini e magie.
E vai. Ce l‘ho fatta. Non mi pare mi abbia preso per scema o, se anche l‘ha pensato, è riuscita a nasconderlo bene. Torno a casa con una marcia in più.
Sorridente, allegra, gasatissima. Non so se questa che provo in questo momento si possa definire felicità, però è comunque una bella sensazione e mi piace sentirmela addosso. E mi piace condividerla con Mamma Singer perché come tutte le mamme, s‘intristisce per le preoccupazioni dei figli ma gioisce delle loro gioie.
<< Chi è? >> chiede mia madre da dietro la porta, perché ha paura che qualche malintenzionato possa aggredirla per derubarla della pensione.
<< Mà, sono io. >>
<< Chi è? >> chiede ancora con insistenza perché, anche se non vuole ammetterlo, è un po‘ sorda.
<< Mà, sono io, io… >> ripeto alzando la voce. << Mamma, quante volte te l‘ho detto – le dico non appena mi apre la porta – che devi andare a farti vedere dall‘otorino. >>
<< Ma quale otorino! – risponde quasi offesa – vedi tu, invece, di parlare più forte che sembra che ti stai confessando. >>
E‘ meglio non contraddirla altrimenti è capace pure di mettersi a frignare perché , dice lei, la sgrido sempre. Guai al mondo se provo solo ad accennarle per scherzo che sta cominciando a somigliare sempre di più a Zia Sigh nel modo di comportarsi. Se la prende di brutto e mi manda malamente a quel paese.
<< Mamma, tutto fatto >> le annuncio facendo roteare il mazzo delle chiavi e ancheggiando ritmicamente i fianchi.
<< Fatto cosa? Hai bevuto? Sembri ubriaca. >>
<< Ma quale ubriaca! Se bevo solo acqua! Una non può essere contenta, una volta tanto, che c‘è chi ti prende per ubriaca, chi mi chiede se sono diventata pazza, chi mi dice che sono una ― "grezza". >>
<< E chi te lo dice che sei grezza? Pazzoide, forse qualche volta sì, ma grezza… grezza no. >>
<< Ultimamente Fabio me lo dice quasi tutti i giorni. Dall‘alto del tribunale dei suoi ventidue anni giudica che sia da grezzi comportarsi alla mia età come faccio io.>>
<< E cosa fai di strano per essere grezza? Lavori tutto il giorno, lavi, stiri, cucini, tieni in ordine la casa… mi sembra tutto normale per una mamma… >>
<< … e poi parlo con Claudio attraverso le pagine di un libro… >>
<< E chi è questo Claudio? Quello dell‘internette? >>
<< Ma quale internette, si dice Internet mamma. Claudio è tuo ―"genero" – le spiego facendole l‘occhiolino – tuo ―genero‖, non ricordi? >>
<< Ahh…Claudio… Baglioni… sono d‘accordo con tuo figlio. >> Quest‘ultima frase – Sono d‘accordo con tuo figlio – me la dice ridendo, si capisce che non lo pensa davvero. Alla sua età le piacciono ancora le storie d‘amore impossibili, legge uno dopo l‘altro i romanzi della collezione Harmony e crede fermamente alla favola di Cenerentola e del Principe Azzurro. Anche a lei piace molto suo ―"genero". Dice che ha la faccia da bravo ragazzo e che sua madre dovrebbe andarne molto orgogliosa di avere un figlio come lui.
<< Mamma vuoi venire al concerto? Ti faccio sedere vicino a me, al posto di Lina. >>
<< Nooo… fino a mezzanotte… C‘è troppo caos per me… troppa gente… troppe macchine…baccano…urla…spinte… no per carità, ho già mal di testa. >>
<< E dai, vieni. Fammi contenta. Anche tuo ― genero‖ è contento se ti vede seduta in prima fila. Pensa che la sua mamma, che è più anziana di te, va ancora a sentirlo cantare e sapessi come si adira quando i fans si alzano in piedi e le coprono la visuale. Ho letto che da poco, a Piazza di Siena, a Roma, ha dovuto usare il suo bastone! >>
<< Davvero? Io non ce l‘ho ancora il bastone. Se vuole, dì a mio ―genero‖ che lo invito a pranzo. Gli preparo la pasta al forno. >>
<< Sei proprio sicura di non voler venire? Guarda che ti divertiresti. >>
<< No, no, c‘è troppo chiasso. La musica è troppo forte. Non verrei neppure se ci fosse AlBano! >>
<< Capirai, che bellezza!!! >>
<< Oh, che c‘hai da dire contro AlBano? Anche lui ha una gran bella voce. A me piace. Di questi cantanti moderni è quello che preferisco più di tutti. >>
<< Ok, mamma, ma non t‘illudere. Non ho intenzione di ― "fidanzarmi" con AlBano o con qualcun altro dei tuoi cantanti moderni! >>
<< E meno male! Quello c‘ha già troppi figli! E poi è sempre innamorato di Romina, prima o poi si risposano. >> Mi dice convinta.
<< Semmai dovessi cambiare ―"fidanzato" – ribatto io – sceglierei Tiziano Ferro, lui ha saputo interpretare molto bene l‘emozione di un regalo, sia che si faccia o che lo si riceva . >>
<< E chi è? Il figlio di Aurelio per caso? >> Ma senza aspettare la risposta aggiunge più seria : << Vai, vai, divertiti. Divertiti con le tue amiche che ti fa bene. >>
Non so esattamente cosa abbia voluto dire con questo – ti fa bene – comunque fa lo stesso. La saluto e me ne torno a casa perché si sta facendo tardi. E‘ quasi ora di cena e non c‘è niente di pronto. Mi sa che mio figlio non ha tutti i torti a lamentarsi che gli faccio patire la fame! E‘ meglio che mi dia una mossa senza perdere altro tempo con fidanzati presunti e possibili.
Mentre salgo i due piani di scale che mi separano dalla casa di Mamma, sento squillare un telefono. Una volta, due volte, più volte. Sul pianerottolo mi rendo conto che è il telefono di casa mia ma, seppure accelerando il passo, non riesco neppure ad aprire la porta che lui smette di squillare. Non so chi sia perché sul cordless non ho inserito nessun nome in rubrica e, tranne il mio e quello di mio figlio, non conosco a memoria nessun altro numero di cellulare. Chiunque sia, se è una cosa importante, richiamerà. Deve essere molto importante perché ho appena appoggiato la borsa che si rimette a squillare.
<< Pronto? >>
<< Pronto, Ro‘? Sono Angela. Ho una notizia strepitosa. >>
<< Claudio viene a dormire a casa tua? >> le chiedo ironica.
<< Dai non scherzare. Giovanna, mia cognata, avantieri è andata a cena con Renzo Arbore. >>
<< E allora? >>
<< Allora? Ma non capisci? Lei, in qualità di responsabile comunale dell‘organizzazione dei concerti estivi, si occupa dell‘accoglienza dei cantanti. Dà loro il benvenuto. Ti ripeto, con Arbore c‘è andata a cena. >>
<< Vuoi dire che andrà a cena anche con Claudio. Non ci credo. >>
<< Con Claudio non lo so. Giovanna dice che le persone che stanno attorno a Baglioni non sono simpaticissime e disponibili. Arbore è un artista molto cordiale e alla mano. In ogni caso, cena o no, dovrà andare a portargli i saluti e il benvenuto della città e mi ha detto che , se vuoi, gli consegna lei stessa il tuo regalo. >>
<< Davvero? Giovanna mi farebbe questo piacere? Che carina! Vedi, non avevo pensato a lei. E dire che era la prima persona cui avrei dovuto pensare! Sei sicura che lo faccia volentieri? Che questo non le arrechi qualche problema?>>
<< Ma che dici? Telefonale, chiediglielo tu stessa. E‘ stata lei a offrirsi quando le ho detto del tuo regalo e che non sapevi come fare per essere sicura che Baglioni lo ricevesse davvero… visto i precedenti…! Mi ha detto - Dì a Ro‘ che stia tranquilla. Lo consegnerò personalmente nelle sue mani – >>
<< Così questa volta sarò sicura che sarà lui, personalmente, a gettarlo nella spazzatura! >>
<< Ma smettila, pessimista tragica! Andrà tutto bene, vedrai. Me lo sento. >>
<< Da quando è che ti sei laureata in pre-visioni? >>
<< Da quando ho letto tutti i libri di Harry Potter >> mi risponde ridendo. Ed io le credo perché è vero che li ha letti tutti.
Metto giù il telefono. Ora dovrei sentirmi tranquilla. Com‘è invece che mi sento agitata come non mai? Domani dovrò tornare all‘Isola Fiorita per comunicare il cambiamento di consegna.
Il giorno dopo, sempre sul tardo pomeriggio, all‘uscita dal lavoro, mentre alla guida della mia Doris ( la C3 giallo-oro) mi sto recando dalla fioraia , sono ferma al semaforo, a pochi passi dal cimitero, cantando a squarciagola ― Un solo mondo‖ che so già a memoria e che stanno mandando in questo momento su Radio Italia. Mi volto sorridendo per salutare mentalmente il mio Babbo Patapan che riposa lì vicino e rimango a dir poco folgorata. Hanno attaccato un manifesto del Gran Concerto grande sei metri per tre sul muro di recinzione del campo sportivo dell‘Oratorio Don Bosco. Quello è il campetto dove giocano e si allenano le squadre della società calcistica fondata da mio padre. In quella frazione di secondo che impiega la mezza faccia di Claudio a raggiungere il cervello passando per gli occhi è come se mio padre sia lì, a rispondere al mio saluto : - Ciao Ro‘, hai visto che io non mi dimentico di te? Sei felice adesso? –
Sì, babbo, sono felice, molto felice. Quanto mi piacerebbe che tu fossi qui, vicino a me, a constatare questa mia felicità. Ma è come se io la sentissi la sua voce:
- La vedo. Non ti preoccupare, io la vedo anche da qui. –
Al negozio, la commessa non ha la stessa cordialità del giorno prima. Si capisce che avrebbe voluto essere lei a consegnare il regalo a Claudio ed è rimasta delusa. Parecchio delusa. Tanto che io mi sento in colpa e nuovamente a disagio.
<< Mi raccomando – le ripeto andandomene – fate una bella confezione, di quelle che solo voi sapete fare. >>
<< Signora, è il nostro lavoro, non abbia timore >> mi risponde seccamente. <<Speriamo bene >> penso tra me mentre esco dal negozio. Chissà perché ho come un presentimento che qualcosa non andrà per il verso giusto, eppure non ho mai letto i libri di Harry Potter.
Anonima melodia del cuore.
E‘ giovedì. Finalmente. Questa sera alle ventuno ci sarà il Gran Concerto. Stamattina al lavoro è un casino. C‘è un sacco di gente. Forse perché domani sarà l‘ultimo giorno prima della chiusura per ferie. Il Laboratorio chiude per due settimane e i risultati vanno consegnati in giornata. Avrò anche un malloppo di referti da firmare. Lo sfottò è continuo da parte dei miei colleghi che non sanno capacitarsi del motivo per cui, proprio oggi, io sia così taciturna.
<< Ti facevo più ‗ atrallarata‘ – mi prende in giro Giuseppe, usando il termine italianizzato di una parola in dialetto – pensa che avevo terrore di venire al lavoro. Volevo mettermi in malattia per tachicardia parossistica emozionale. Poi ho pensato che magari era venuta pure a te e non potevo mancare anch‘io. Però mi meravigli. Mi sembri Leopardi nella ‗ Sera del dì di festa‘! >>
Abbozzo un mezzo sorriso e continuo a montare le VES. << Lasciala in pace – mi difendono Patrizia e Giò – sta solo risparmiando energia per stasera. E‘ yoga. Concentrazione, respirazione, meditazione, contemplazione. E poi ancora
contemplazione, meditazione, respirazione, concentrazione. E si accumula energia – dice Giò – << Ro‘, vieni qui, che ti faccio fare una ‗sniffata‘ di sangue occulto! >> aggiunge Patrizia. Mio Dio! Come farò ad arrivare fino al pomeriggio con questo clima? Mi vendicherò. Un giorno o l‘altro. Mi vendicherò. Nonostante la gran mole di lavoro, anzi forse grazie a questo, il tempo corre velocemente. Angela mi chiama un paio di volte. Per sapere se il regalo è pronto e per darmi il numero di telefono di Giovanna, per chiedermi se voglio che sia lei a portarlo a sua cognata e per avvisarmi, visto che io le ho risposto che non ce n‘era bisogno, che , se ero io ad uscire per prima dal lavoro, avrei dovuto portare il regalo nel suo ufficio, se invece usciva prima Giovanna, sarebbe passata lei qui da me.
Alle tre meno venti Fabio arriva in Laboratorio con la composizione appena ritirata dal fioraio. Non mi piace un granché. Me lo sentivo da ieri che avrei avuto qualcosa da ridire. E‘ stata confezionata solo la rosa. Non il libro né il pacchetto con il ciondolo. Libro e arciere sono rimasti tali e quali. Così come li avevo portati io dal fioraio. Per di più ci si mette pure mio figlio : << Mà, non per farmi gli affari tuoi, ma ti piace? Era più bella la rosa che ti ho regalato per la festa della mamma. Mi sbaglio? >> << Non ti sbagli, - gli rispondo amareggiata – ma ormai è troppo tardi. Fossi andata io a ritirare la confezione, gliela avrei fatta rifare. Ma non ho il dono dell‘ubiquità. Non posso contemporaneamente stare al lavoro e andare dal fioraio.>>
<< Mà, fossi in te chiamerei per protestare >> mi consiglia.
<< Perché quando sei andato a ritirarla, e persino tu non sei rimasto entusiasta, non l‘hai detto alla signorina? >>
<< Che ne sapevo io di quello che avevi chiesto tu? – mi risponde lavandosene, giustamente, le mani – Chiama e protesta! >>
Ed io chiamo e protesto. << Pronto, sì, buongiorno. Sono la signora Ro‘, quella della confezione… del libro… >>
<< … Sì, signora. Tutto a posto. E‘ già passato suo figlio a ritirare. >>
<< Sì lo so. Lui è qui. Telefono solo per rammaricarmi che la confezione non è stata fatta come io volevo. Altre volte, per occasioni meno importanti di questa, avete fatto dei lavori eccezionali, questa volta mi avete deluso. Vi avevo tanto ammonito di fare una cosa ‗speciale‘, di confezionare il mio regalo abbellendolo
con una rosa che, tra parentesi, è pure troppo sbocciata ed io vi avevo chiesto un bocciolo, e non di confezionare la rosa sul regalo nudo e crudo. >>
<< Mi dispiace, signora, non ci siamo capite. >>
<< Gliel‘ho ripetuto diverse volte, che volevo confezionaste il regalo. Mi sembrava addirittura di essere stata persino pedante nelle spiegazioni e negli avvertimenti. >>
<< Le ripeto, signora, ci dispiace. >>
Ti dispiace un corno! – mi verrebbe da urlarle – Dì piuttosto che l‘hai fatto apposta. Perché non dovevi più essere tu a fare la consegna. Dimmi che volevi far fare bella figura più alla tua rosa che non al mio libro. Pensare che mi avevi pure chiesto se era in vendita! Dannata ragazza odiosa!
<< Le assicuro che dispiace molto di più a me – le dico invece con educazione – ma non pensi che sia io ad essere incontentabile. Né mio figlio, che non è che sia particolarmente esperto di fiori, né tantomeno le mie colleghe, qui al lavoro, che stavano aspettando con ansia chissà quale meraviglia, non ne sono rimaste per niente colpite, tutt‘altro. Figuriamoci quanto resterà colpito Baglioni. Sarà abituato a ben altro! Spero per voi che abbiate omesso l‘etichetta del negozio. Ad ogni modo non so se glielo consegnerò, a Baglioni dico, in questo momento sono piuttosto alterata e molto, le ripeto, molto delusa. Buongiorno. >> Chiudo la comunicazione senza aspettare il commiato dall‘altra parte e mi siedo spossata su uno sgabello girevole.
<< Mà – mi consola mio figlio – tu sei troppo buona. Io l‘avrei presa a voci. Tu sei stata troppo gentile. >>
<< Potevi farlo tu al mio posto, se ne eri così capace… - gli rispondo ormai rassegnata all‘ineluttabilità dell‘accaduto - … ormai è troppo tardi… me lo porto a casa ma prima telefono a Giovanna che non se ne fa più niente. >>
<< Ma cosa te ne importa! – cerca di convincermi mio figlio – E cosa vuoi che gliene importi a Baglioni di quanto è bella la tua rosa! Gli importerà di più della sostanza del tuo regalo. Lo dici sempre che lui è un uomo sensibile! E‘ il pensiero che conta! >>
Amore mio, quanto sei carino. Chissà quanto ti è costata questa bugia per non vedermi così abbacchiata. Lo so che tu sei sempre stato contrario alle mie ‗grezzate‘ da adolescente. Sapessi quanto ti amo e quanto vorrei ricoprirti di
baci per essere stato così tenero. Se solo non fossi troppo grande e non avessi tutta quella barba che punge , per essere sbaciucchiato davanti a tutti da una mamma scema!
Giovanna è uscita dall‘ufficio prima di me. Le ho consegnato il regalo e l‘ho ringraziata mille volte per essere stata così gentile e disponibile.
<< Nessun disturbo, figurati, mi fa piacere invece >> mi ha risposto con un sorriso.
Adesso sono seduta al mio posto in prima fila. Non sono ancora le otto e mezzo. Non sono andata con le mie amiche. Loro arriveranno più tardi. Mi ha accompagnato mio figlio assieme ad un suo amico che lavora per una tivù locale.
<< Dì la verità, mamma – mi dice Fabio, mentre è alla ricerca di un parcheggio dal quale uscire velocemente alla fine del concerto – sei invidiosa . >>
<< E di cosa dovrei essere invidiosa? >> gli rispondo.
<< Che io entrerò con Stefano a intervistare il tuo ― fidanzato‖ e potrò stringergli la mano… farmi una foto con lui… >>
<< Scordatelo – ribatte Stefano – Baglioni ha già comunicato che non rilascia interviste. Niente giornalisti, niente fotografi. Quelli del suo staff sono di un‘antipatia unica e lui non è da meno. Se non fosse che devo preparare il servizio, non sarei nemmeno venuto. >>
<< Ehi, bada a come parli, ragazzino – lo rimbrotto facendo l‘offesa – guarda che Baglioni non è Valerio Scanu. Se permettesse a tutti di avvicinarlo non vivrebbe più. Sarebbe costantemente accerchiato e assalito. Una volta si può fare… ma sempre… per quarantanni… alla fine diventa insopportabile. >>
<< D‘accordo – replica Stefano – ma potrebbe essere più gentile. Sembra sempre incazzato e al di sopra di tutti. Un presuntuoso. Non c‘è solo lui che canta ed è famoso. >>
<< E‘ solo apparenza – lo difendo a spada tratta – tu non lo conosci bene. Avrai sentito sì e no solo un paio delle sue canzoni. Lui è un timido e il fatto di essere diventato famoso non gli ha tolto del tutto questa sua timidezza: gli piacerà essere lasciato in pace. E poi le domande che gli fanno sono sempre le stesse. Se vuoi sapere qualcosa, falla a me l‘intervista, io so tutto. >>
<< Ci puoi credere, Stè – s‘intromette mio figlio, tirando a sé il freno a mano – mia madre ti saprebbe dire quante volte Baglioni va al cesso nell‘arco di una giornata! >>
<< Bugiardo! – lo contraddico con una smorfia – Questo non lo so. Stefano, mi dispiace, ma qui non ti posso proprio aiutare. >>
Ci salutiamo e ci separiamo sui cancelli d‘entrata. Io proseguo da sola. Non ho bisogno della maschera per trovare il mio posto. L‘anfiteatro è ancora semi vuoto. Nella mia fila, la prima davanti al palco, ci sono soltanto altre due persone su un totale di dieci poltroncine. Speriamo che le altre sette arrivino puntuali perché all‘ultimo momento mi è venuto un altro flash. Ieri notte ho preparato dieci pettorine di cartone formato A4. Ciascuna ha una lettera rossa e un cuoricino. Su sfondo giallo. Sono i colori della mia città. Giallo e rosso. Come quelli di Roma. Un cordoncino, rosso anch‘esso, permette di appendere la lettera ‗scarlatta‘ al collo. Il risultato è un ‗ B E N T O R N A T O‘ che sottintende i cinque lunghi anni della sua assenza. Appoggio ciascuna lettera sulla poltroncina corrispondente e a me tocca, guarda caso, proprio la ‗R‘. ― Così mi riconosce!‖ penso ingenuamente tra me. Il problema però non sono io. E neppure la mia amica. Noi ci appendiamo al collo la nostra lettera senza problema alcuno. Il problema è il fidanzato di una ragazza bionda che sta seduto a fianco a me e che non ne vuol sapere di mettersi al collo la ‗N‘. E pure l‘ultimo uomo della fila ( sono sempre gli uomini che rompono! ) non è tanto convinto di appendersi la ‗O‘ che gli spetta. Alla fine, grazie all‘intercessione di moglie e fidanzata, baglioniane adoranti ed entusiaste della mia idea, ogni ritrosia viene superata con la promessa di non essere costretti a portare il cartone per tutta la durata del concerto. La gente continua ad arrivare, sempre più numerosa. L‘anfiteatro comincia a riempirsi. Arriva la mia amica Lina e si siede alla mia destra. Giò e Patrizia ad una ventina di poltrone più avanti. Vado a salutarle, anche se ci siamo viste al lavoro solo poche ore fa.
<< Ti sei fatta tutta "bona‘" per il tuo "fidanzato", eh? Stai benissimo vestita così. Ma come mai non ti sei messa la maglietta fina? >>
<< A forza di lavarla, in tutti questi anni, è diventata tanto stretta al punto che… non mi entra più… - rispondo loro ridendo - … buon concerto ragazze >> (ragazze, si fa per dire ! ).
Arriva Angela con Rita e altre signore che conosco di vista e si siedono nella fila dietro la mia. Angela si sporge verso di me e, con fare complice, mi dice sottovoce : << Ro‘, missione compiuta. Giovanna è entrata a salutare Claudio e a
consegnare il libro. A me m‘hanno lasciato fuori. Nonostante gli abbia portato il gelato. >>
<< Il gelato? A chi è che hai portato il gelato? >>
<< Al tuo ‗fidanzato‘. Voleva mangiare del gelato al cioccolato fondente e Giovanna mi ha spedita alla Slurperia a comprarlo. Un chilo di gelato, mezzo chilo di panna, dieci coni vuoti. Gelato artigianale. La Slurperia lo fa buonissimo. Adesso sarà là, dietro il palco, che lo divora prima del concerto. >>
<< Una pista di serotonina naturale! >>
<< Ehia, droga biologica! Tra poco arriverà Giovanna e ti racconterà tutto per filo e per segno. >> Le sorrido e comincio a fremere. E‘ mai possibile che io mi faccia in quattro per realizzare qualcosa e poi, dopo averla portata a termine, mi penta e vorrei tornare indietro? Giovanna non mi lascia il tempo per pensarci troppo. Mi viene incontro sorridendo.
<< Tutto a posto – mi dice – sono riuscita ad entrare. All‘inizio non volevano perché Baglioni era impegnato. Stava per cominciare i massaggi prima del concerto. Ho protestato un po‘. Ho detto di essere la delegata comunale per i Concerti in città e, vista la poca disponibilità, che non li avrei più fatti tornare.>>
<< Guai a te, se fai una cosa simile >> la interrompo.
<< Ci avranno pensato su – continua lei – e poi il responsabile della Friends and Partners in persona m‘ha fatto passare. >>
<< Com‘è da vicino? >>
<< Un bel tipo. Era un po‘ dolorante a causa della puntura di una medusa. >>
<< Comuni pericoli di un mare pulito! >> scherzo io.
<< Gli ho dato il regalo e gli ho detto che era da parte di una mia amica, sua ammiratrice sin dai tempi in cui portava gli occhialoni >> prosegue.
<< E lui? Che ha detto? >> Incalzo ansiosa.
<< Lui ha detto ― "Mamma mia!", riferendosi forse agli anni che sono passati, chi lo sa. Ha preso il regalo. Ha ringraziato. Mi ha stretto la mano e mi ha dato due baci. >> D‘istinto allungo le braccia e con le mani le accarezzo le guance. <<Questi sono miei – le dico per spiegare il mio gesto – mi spettano e me li
riprendo. >> E mi passo le mani sulla faccia come per mettere i baci di Claudio al loro legittimo posto.
<< Ha la pelle liscia, il tuo Claudio – mi informa ancora – molto sottile. Mi ha anche chiesto se c‘era un biglietto col tuo nome ed io gli risposto che presumevo di sì. Però biglietti non ne ho visto. Sei sicura di avermelo dato? >>
Non glielo avevo dato, infatti. Io sono Ro‘ San Martin. Nell‘ultima pagina del libro c‘è una specie di lettera per lui. Che differenza vuoi che faccia se mi chiamo Rosella, oppure Francesca, oppure Giulia? Un nome vale l‘altro. Conta soltanto quello che sono.
Anfiteatro Claudio
La serata è caldissima. Non si respira quasi. L‘enorme folla accorsa ad assistere al concerto di uno dei grandi nomi della musica italiana non è tutta del luogo. Parecchi sono quelli che hanno fatto la discesa a mare dai paesi più o meno vicini, molti sono anche i turisti che non si sono fatti mancare questa grande occasione di festa. Comincia a fare buio e si spegne anche l‘ultimo raggio di sole lasciando il posto a una leggerissima brezza che asciuga il sudore di un‘intera giornata. Il palco è grandioso. Gli strumenti già al loro posto e un pianoforte nero al centro. Una luna piena lo illumina di traverso sostituendo i riflettori ancora spenti. La gente va e viene portando panini e bottiglie d‘acqua. C‘è un brusio di sottofondo ed un‘atmosfera gioiosa che soltanto le notti d‘estate possono suscitare. C‘è un mare d‘inchiostro blu scuro pochi metri dietro il palco e un mare di colori e di cuori accesi davanti al palco, pronti a infiammarsi ancora di più non appena l‘aria si riempirà di melodia. E‘ una folla disciplinata, composta, educata, almeno per ora. Io so già cosa mi aspetta. E‘ da giugno, da quando il tour ha avuto inizio, che guardo i filmati su You-Tube carpiti ad altre piazze, leggo su Internet i commenti delle persone che hanno già assistito al concerto. I loro entusiasmi. Le loro delusioni. Io ho paura delle delusioni. Cerco di tenerle a debita distanza. Ma oggi, potrei mai rimanere delusa da un concerto che racconta l‘amore? Semmai è il contrario. E‘ la mancanza d‘amore che
genera delusione. E l‘amore non conosce tempo né mode. Come quella famosa maglietta fina che ha saputo mantenere inalterato il suo colore a dispetto del trascorrere degli anni. E‘ una maglietta universale e unisex. Sta bene a tutti, maschi e femmine, dai più giovani ai più anziani, perché tutti siamo bellissimi, limpidi e liberi se ci vestiamo d‘amore. E quella maglietta, diventata un simbolo, è la bandiera colorata d‘arcobaleno che inneggia all‘amore, rendendolo eterno anche quando dura poco.
Una voce fuori campo annuncia l‘inizio del Gran Concerto. Ogni angolo di cielo viene invaso dallo scintillio delle luci e dall‘impeccabile armonia dei suoni. Claudio, come se uscisse dal mega schermo sul fondo del palco, si posiziona al centro e prosegue anche nel nostro Anfiteatro il suo viaggio al centro di ogni cuore. Mi invade una tenerezza che non provavo ormai da troppo tempo. Ti voglio tanto bene Claudio, vorrei potergli dire. Vorrei farti una carezza e ringraziarti per tutte le volte che mi hai protetto con la tua musica. Vorrei abbracciarti stretto, dimostrarti il mio affetto. Ma sono solo capace di guardarti, di cantare a memoria le tue canzoni, sottovoce, col timore che tu mi possa sentire. Non riesco a dirti una parola e neppure a fare un gesto che possa sostituire le parole. Spero che i miei occhi e ancora di più il mio cuore, lo facciano per me.
<< Che fai, dormi? >> mi dice piano Lina, dandomi una gomitata.
<< No, sogno >> le rispondo tenendomi il mento con una mano. Mi guarda con compassione e continua ad agitarsi sulla poltroncina, mandando baci a destra e a manca. Quando, verso la fine del concerto, qualcuno comincia ad avvicinarsi al palco, lei schizza via per prendere il primo posto. Io resto seduta in contemplazione di tutte quelle mani tese verso il palco e di lui che inchinandosi le tocca ad una ad una.
<< Ti è venuta una paralisi improvvisa? – mi domanda Lina quando torna al suo posto, vicino a me – Mi ha toccato la mano! Mi ha toccato la mano! >> mi urla quasi.
<< Ti ha fatto il miracolo? >> le rispondo con cinismo.
<< Sei la solita cretina! Potevi venire anche tu. Hai paura che ti mangi, per caso?>> continua più gasata che mai.
<< Macché. Non ce la faccio. Non riesco a muovermi >> cerco di spiegarle con più mestizia.
<< E‘ paralisi. Te l‘ho già detto. Fatti curare. >> E riparte all‘assalto del palco.
Quando anche l‘ultima luce si spegne e sul palco restano solo gli operai che lo devono smontare, ho la testa che mi ronza. L‘improvviso silenzio mi da l‘impressione di essere diventata sorda. Anche i piedi, non li sento più. Vanno da soli dietro la fiumana di gente in uscita che ride, commenta, beve, fuma. E‘ come se non avessi più la terra sotto i piedi e camminassi sulle nuvole, guardando tutto dall‘alto. Non sarò mica morta per l‘emozione? Dead woman walking. Ma non mi pare di aver subito una condanna a morte, semmai mi sento in uno stato di grazia. Il pensiero che sia già tutto finito e che domani, anche se è l‘ultimo giorno prima delle ferie, si torni al lavoro, m‘intristisce e mi fa male.
<< Ro‘, che meraviglia vero? - mi dice Giò mentre cammina di fianco a me - Beata te che tra qualche giorno lo rivedi! >>
E‘ vero. Quasi me ne stavo dimenticando. Non è ancora finita. Per me ci sarà un altro bis.
Un imperatore per due Anfiteatri.
<< Dove sei, sei già in viaggio? >> mi chiede al cellulare Anna Rita, quando sono le dieci del mattino del mio primo giorno di ferie .
<< Sto uscendo dal garage >> le rispondo anche se al posto di guida è seduto mio marito.
<< Sarai qui per l‘ora di pranzo? Perché assolutamente devi venire a mangiare a casa mia! >> continua lei con gentilezza.
<< Non credo. Penso che ci fermeremo a metà strada per un boccone. Qui oggi c‘è un caldo che si crepa. Com‘è da te? >>
<< C‘è più fresco all‘inferno. Ma tu devi venire qui a pranzo. Dai, guarda che mi offendo >> insiste lei.
<< Mi vuoi far iniziare le ferie da una casa all‘altra? Cerca di capirmi. Per una volta che mio marito mi porta fuori, lasciagli almeno pagare il ristorante! Così non laviamo i piatti, né io, né te. >>
<< Guarda che mi farebbe molto piacere lavare due piatti in più.>>
<< Non ho dubbi, anzi, ti ringrazio moltissimo ma, sul serio, preferiamo fare una piccola sosta. Arriverò lì da te nel primo pomeriggio, vuol dire che ci offrirai il caffè. >>
<< Va bene, non voglio insistere. Allora vada per il caffè. Quando sei arrivata, fammi uno squillo così ti spiego esattamente dove abito. >>
<< Non credo che ce ne sia bisogno. Ho il tuo indirizzo e col navigatore satellitare, se non da i numeri per il caldo, non dovrei avere problemi. >>
<< Benissimo. A più tardi allora. Ciao Ro‘. >>
<< Ciao, ciao, a dopo. >>
Altro che caffè pomeridiano! Quando arrivo a casa di AnnaRita, c‘è un vero e proprio rinfresco. Pasticcini e bibite fresche. Bicchieri di cristallo per le grandi occasioni. Manco fossi la regina Elisabetta in visita con il principe consorte! Mi basta soltanto sedermi sul suo divano in stile veneziano e dare un‘occhiata in giro per capire perché abbiamo fatto amicizia al primo incontro e dopo pochi minuti a me è sembrato che la conoscessi già. Lei mi assomiglia. A parte la passione per Claudio, le bambole di porcellana dentro una cristalliera, la sua casa dai colori pastello, la collezione delle Barbie ( e non ci credo che le compri solo per le sue due bambine, sono allineate con troppo ordine dentro le loro scatole da confezione), denotano un‘indole palesemente romantica. Anche lei ha una predilezione per l‘arte di fare e decorare le torte. Ed è bravissima. Molto più di me. Lei addirittura le dipinge a pennello. Il pasticciere del suo paese che conosce e apprezza la sua bravura, la chiama sempre nelle occasioni speciali che hanno bisogno di un dolce che sia un piacere anche per gli occhi. Oggi il tavolo della sua stanza da pranzo è quasi completamente occupato da rose bianche e foglioline di varie dimensioni che l‘indomani serviranno per una torta di matrimonio. Tutto assolutamente commestibile e fatto con prodotti naturali. << Non è marzapane – lei dice – e nemmeno zucchero. E‘ un‘antica ricetta della nonna. >>
<< Allora sei tu quella della nuova canzone di Claudio? – le chiedo maliziosa – Brutta traditrice, stai tramando nell‘ombra alle mie spalle per fregarmi il "fidanzato", perché sai che è un po‘ goloso? >>
<< Magari bastasse una torta! A proposito di torte, dimmi, tu che hai già visto il concerto, come sono le nuove canzoni? Com‘è questa "torta della nonna"? >>
<< Vuoi la verità? A parte "In viaggio" e "Un solo mondo" io non ho sentito nessun‘altra canzone nuova. Sono state aggiunte delle strofe nuove ad alcune canzoni >> le spiego.
<< Ma come? E quella della torta non è una canzone nuova? Io non l‘ho mai sentita una canzone di Claudio con quel titolo e nemmeno quell‘altra… ‗Nuvole e sogni‘… sei sicura che siano vecchie canzoni? >>
<< Allora, chiariamo una cosa : i testi sono nuovi. Inediti, credo. Ma la musica no. "Nuvole e sogni" sembra Porta Portese alla moviola. "La torta di nonna" o di "donna", non ho capito bene, è "Battibecco" col turbo. Comunque questo non vuol dire che il concerto non sia ugualmente grandioso e indimenticabile. Magico come sempre. Per me Claudio potrebbe pure cantare le Osterie e mi piacerebbe lo stesso! >>
<< Dì pure che ti piacerebbe anche muto! >>
<< Credo proprio di sì. E non solo a me… purtroppo… >> aggiungo mettendomi in bocca un delizioso mignon alla crema bruciata. Per fortuna i mariti non possono sentire le nostre chiacchiere perché sono usciti fuori in giardino con una birra in mano, a parlare di automobili e di motori. Com‘è strana a volte la vita! Ci fa sentire completamente a nostro agio, quasi fossimo in famiglia, con delle persone pressoché sconosciute. E a quanto pare quello che è successo a me e ad AnnaRita, sta succedendo anche ai nostri mariti che paiono amici di lunga data ed è invece la prima volta che si vedono. Le sue bambine poi sono adorabili. Molto graziose, simpatiche e chiacchierone. Sono affettuose e amabili molto più delle mie vere nipoti.
La sera del concerto AnnaRita arriva con Alice, una giovanissima Clabber, anche lei conosciuta al Raduno, sotto l‘hotel dove alloggio che non sono nemmeno le sei. << Vogliamo vedere se ci fanno entrare ad assistere alle prove>> mi dice . << Sì, almeno starai più fresca – le rispondo – guarda che è inutile. Non fanno entrare nessuno alle prove. Non l‘hanno fatto ad A. e da nessun‘altra parte. Non t‘illudere. Io non ho neppure portato il pass. >>
<< Donna di poca fede, – replica con convinzione – vuoi scommettere che riesco anche a fargli qualche foto? >> Così dicendo porta sul davanti la borsa che ha a tracolla.
<< Caspita! E chi ti credi di essere con cotanto teleobiettivo? Fabrizio Corona?>> le dico con stupore.
<< Con questa riesco pure a vedergli le mutande da sotto i pantaloni! >> scherza lei. << Stai attenta che non ti arrestino sul serio per violazione della privacy, così in un unico giorno stai al fresco due volte! >> << Vedrai, vedrai che scoop! >> conclude ridendo.
Quando arriviamo all‘Anfiteatro ( bis pure di location!), tutti i cancelli sono chiusi e numerosi "cerberi" stanno di guardia affinché nessuno scavalchi ed entri contrordine. Okay. Nessuno scavalcherà o entrerà ma tutti quelli che stanno fuori vedranno, eccome! L‘anfiteatro è situato in una conca. I cancelli e le sbarre di protezione sono in alto e permettono una vista di tutto rispetto. Si potrebbe vedere l‘intero concerto senza pagare il biglietto. E sicuramente saranno in tanti quelli che assisteranno da quassù. Quando Claudio arriva per le prove, con pinocchietti bianchi, maglietta nera e scarpe da tennis, AnnaRita comincia a scattare. <<… Sta bevendo una lattina di Coca-Cola… light o zero… >> click. << C‘è una donna mora con i capelli lunghi e i jeans… sarà la sua donna?... Sembra lei… >> click. << … Clà ha un segno rosso sul braccio… sembra un pizzico di zanzara… o una scottatura… ma forse è… quella medusa che mi hai detto… sai mica dove l‘ha punto?... >> click. La folla comincia ad aumentare e ad assieparsi davanti ai cancelli. Si chiacchiera. Si fa amicizia. Una signora s‘incuriosisce della strana foto-collana che portano appesa Anna Rita e Alice. Non sa dell‘esistenza del Clab e chiede informazioni e indirizzi, ci si scambia il numero di telefono e di posta elettronica. C‘è anche la ragazza bionda che ad A. aveva convinto il suo ragazzo a mettere la lettera "scarlatta". C‘è pure il suo ragazzo che, pur di farla felice, la seguirebbe in capo al mondo. C‘è anche qualcun‘altra faccia che avevo già visto ad A. Questo vuol dire che non sono la sola a essere pazza, qui mi sento in buona compagnia. All‘apertura dei cancelli la folla si riversa all‘interno frettolosa. C‘è ressa anche attorno alle bancarelle, dove si vendono la faccia di Clà insieme a frasi tra le più significative delle sue canzoni, stampate su t-shirt, canottiere, borse in tela, portachiavi, bandane e altri gadgets. Anna Rita e Alice non sanno decidersi. Vorrebbero comprare l‘intera bancarella. A me non interessa comprare una maglietta con la faccia di Clà: non mi ci vedo andare in giro con la sua faccia sul petto facendo finta di niente. Oltretutto il cotone non mi pare di prima qualità, penso anzi che al
primo lavaggio si stinga e diventi bislacca. Ma per non andar via senza un ricordo, compro la borsa in tela del Q.P.G.A.: ha la dimensione giusta per contenere la cartella con gli spartiti dei brani del coro. L‘Anfiteatro è bellissimo e spettacolare sotto i giochi di luce del palco. Rispetto a quello di A. è forse più piccolo ma qui le persone sembrano essersi organizzate meglio. Sono molti gli striscioni e le bandiere. Ci sono i palloncini rossi. C‘è più colore. Però manca la luna. E nonostante la gioia immensa che provo nel rivedere il mio "fidanzato" a tre giorni di distanza, l‘assenza della luna tiene il mio cuore in penombra. Non lo illumina e sembra spento. E il concerto di un nuovo addio comincia e termina tra un sospiro e un sorriso, tra uno sguardo e una lacrima, tra l‘urlo degli applausi, un mancato contatto di mani e un silenzioso abbraccio di anime. E quando, anche questa volta, l‘ultimo riflettore si spegne, dopo l‘ultimo bis e l‘ultimo saluto di un arrivederci a presto, m‘incammino verso l‘uscita e, nonostante le migliaia di persone che mi stanno attorno, nonostante la confortante presenza di mio marito al mio fianco, mi sento sfinita, come se avessi subito un‘operazione a cuore aperto, avrei bisogno di una rianimazione… e… splash… mi arriva addosso il contenuto di un bicchiere che stava sulla tastiera di sinistra. Un operaio, prima di portare via lo strumento, ha visto bene di svuotarmi addosso il rimanente di ciò che Claudio beveva durante il concerto.
<< Cos‘era? – mi chiede curiosa Anna Rita – Coca Cola? >>
<< Penso sia semplice acqua. Non ha nessun odore particolare e non appiccica.>>
<< Fossi in te, non mi laverei più! Claudio ci ha appoggiato la bocca, è come se ti avesse baciata! >>
<< Pensala così tu. A me è sembrata più una doccia che un bacio. Fortuna che fa caldo e non macchia! >>
<< Ma che hai? Ti ha dato fastidio? Non mi sembri molto contenta, non ti è piaciuto il concerto? >>
<< Ma cosa dici? Certo che sono contenta. Certo che mi è piaciuto il concerto. Sono stati tutti bravissimi. Amo Claudio ma anche Roberto, Pio, John, Paolone e Stefano. Sono fenomenali. Li bacerei tutti! Mi dispiace solo che sia finito. Adesso è davvero finito tutto. Se poi, devono passare altri cinque anni… comincio a piangere da ora… >>
<< Non pensiamoci, dai. Aspetta di vedere tutte le foto che ho scattato. Ce ne saranno trecento. Ci serviranno nei periodi di "astinenza". Te le spedisco via e-mail. >>
<< Quanto sei buona! >> non posso fare a meno di dirle perché io, per paura di perdermi una sola virgola del concerto, non ho usato telecamera né macchina fotografica. Nemmeno ho scattato foto col telefonino. Ho pigiato REC sui miei occhi sin dalla prima nota e ho filmato tutto nella memoria, predisposta al PLAY e al REPLAY in qualsiasi momento.
Senza sogni non c‘è orizzonte
Ogni volta che si conclude un concerto di Clà al quale ho assistito, se da una parte mi lascia un senso di totale appagamento e di gioia indescrivibile, dall‘altra mi rattrista perché temo che il suo arrivederci sia così a lungo termine da somigliare a un addio. Allora mi sento abbandonata. E‘ possibile provare in contemporanea due emozioni così contrastanti, agli antipodi una dall‘altra? La prima a dissolversi è senza dubbio la gioia, sopraffatta dalla tristezza dell‘abbandono. E deve passare un po‘ di tempo prima che la rassegnazione mi riporti alla vita di tutti i giorni e al consueto rifugio nella fantasia dei sogni. Sono trascorsi ormai venti giorni. Agosto è quasi terminato, come pure le mie ferie. Nell‘ultimo fine settimana del mese ad A. si saluta con una festa la stagione estiva agli sgoccioli. Il nostro coro è impegnato in un concerto nella Plaçeta de Santa Creu. Cantare in questa piazza è per noi un appuntamento annuale. Per l‘occasione quest‘angolo antico e suggestivo sui Bastioni Magellano, a pochi metri dal mare e ai piedi di una scala dai gradini di pietra, è stato riempito di sedie disposte a semicerchio, di luci soffuse e di piccole candele sui ciottoli al margine della strada. Noi del coro ci abbiamo aggiunto delle pedane che servono a una migliore disposizione, in base alle diverse voci, per seguire meglio le istruzioni del direttore. Un po‘ mi sento in colpa perché venti giorni fa il coro si è esibito in un‘altra piazza ed io ero assente per un motivo che dipendeva esclusivamente dalla mia volontà ( come avrei potuto rinunciare a un concerto di Clà! .) Assenza ingiustificata secondo il direttore e il presidente del coro. Assenza ininfluente secondo me, giacché la batteria dei soprani può benissimo fare a meno della mia voce. Ah, se avessi potuto mandare Castore a cantare in piazza e Polluce a sentire il concerto all‘Anfiteatro! Nella scelta non ho avuto dubbi: rinuncio volentieri ai miei applausi per stare dall‘altra parte ad applaudire il mio idolo. In fondo non ho dato forfait all‘ultimo momento. Avevo già avvisato quattro mesi fa che in quella data non ci sarei stata. << Spero che ti piacciano i brani del nostro repertorio – dico con un sorriso al mio "fidanzato" che per una volta si trova al mio fianco – promettimi che non dormirai se qualche pezzo lo giudichi monotono. >> Detto questo, lo lascio vicino a una signora che sta seduta su una panchina sul bordo della piazza e che culla il suo piccolo dentro la carrozzina. Io raggiungo gli altri e mi sistemo al mio posto, in ordine di uscita. Tutte le sedie sono occupate, molti sono quelli che stanno in piedi, molti quelli che si sono seduti sui gradini di pietra o che sbirciano dalla strada sui bastioni. Un lungo applauso di affetto e di amicizia saluta il nostro ingresso sulle pedane. Nel nostro piccolo, tutta la città ci conosce e segue da molti anni i nostri concerti. Sento il calore di quell‘applauso e lo sguardo di Clà, dalla panchina, è orgoglioso e compiaciuto. Il concerto ha inizio e gli applausi fioccano con generosità. Il pubblico si diverte. I brani scelti da Ugo piacciono. Sono orecchiabili e di grande effetto. Noi, oltre alla voce, ci mettiamo dentro tutto il cuore. Sull‘ultimo brano che è una ‗danza‘ eseguita a otto voci miste, la gente esplode, si spella le mani e grida :<< Bravi! >> << Bis! >> << Bis! Bis! >>. La soddisfazione è alle stelle. Marina, alla mia sinistra, mi tocca appena il gomito e mantenendo il volto girato verso il pubblico, mi dice sottovoce : <<Carina la tua nuova borsa! >> << Bella vero? – le rispondo in un sussurro – sembra fatta apposta per la nostra cartella! >> << … e anche per te… che ti porti il ‗fidanzato‘ ai concerti…! >> aggiunge in un sogghigno.
<< Bis! >> << Bis! >> << Bis! >> urla il pubblico
…<< Som, som, som, unes plomes al vent… unes fulles al vent …portats pel foc de l‘amor… som emportats pel dolor vers l‘eterna claror del fi… anem al destì allà al ponent… als braços del vent… >>.

Rosella

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