Claudio, un navigatore

Milano.04/12/08


Guardavo Claudio su quel palco, guardavo quell’artista che ultimamente spesso non sono riuscito a capire in molte delle sue vicende personali, lo guardavo e capivo che davanti a quella che per me era una ulteriore incomprensibile giornata della sua vita, lui stava mettendo in gioco qualcosa di sé stesso difficile da decifrare nei suoi contorni, ora penso oltre che per noi, forse anche per esso stesso.

Sono andato a quel concerto sospinto dalla voglia di passare una bella giornata in compagnia di amici, il motore che spesso fa girare le mie giornate con Claudio, ci sono andato con molto scetticismo su questa ultima operazione che mi sa molto di raschiatura del fondo del barile, e francamente lo penso ancora oggi.

Però ho la sensazione che quel mio caro amico, che credo abbia un po’ cambiato la strada allontanandosi dal percorso che me lo faceva sentire più vicino alle mie corde, alle mie onde di speranza, si sia reso conto oggi più che mai che la strada intrapresa sia davvero rischiosa e che quando si cambia una strada, si rischia di non ritrovare più le persone che hai lasciato in alcuni dei posti che hai attraversato.

Mi è sembrato alleggerito dall’applauso sincero e caloroso ricevuto alla fine della prima parte del concerto, quasi come se questa volta più che altre si sia sentito sottoposto ad un esame.

Sono stato contento di vederlo così, perché rimane un amico che tanto mi ha dato e anche se so benissimo che queste amicizie sono per forza di cose a senso unico, sono stato molto contento per lui.

Perché, al di la di tutto, la classe nel suo caso da un punto di vista prettamente artistico, contrariamente a ciò che si dice, è acqua. Ma acqua fresca, limpida e cristallina, acqua inesauribile che fa il suo viaggio per tornare da noi ancora una volta limpida fresca e cristallina... e chissà che qualche volta nel suo viaggiare non incontri qualche storia, qualche atmosfera, qualche sogno nuovo da raccontare.

Claudio sapeva che partiva per un nuovo viaggio, sapeva che ci sono grandi incognite ogni volta che salpi un mare nuovo e anche se questa volta il mare sembrava conosciuto, c’era il grande problema di riconoscerlo un’altra volta e riviverlo come se non l’avesse mai vissuto, per ritrovare quelle emozioni che potevano far vibrare le onde da attraversare, senza che potessero sapere soltanto di un vecchio passato.

La strada nel mare un attimo prima non esiste e si cancella un attimo dopo che l’hai tracciata, ripercorrerla ugualmente è impossibile e Claudio ha fatto la cosa migliore che poteva fare, navigarla come se fosse nuova, navigarla sul filo dei ricordi per riportarla a noi da una prospettiva nuova, quello di un uomo di 57 anni che rivive e riconosce nei ricordi una storia che non è stata eterna, ma che di certo gli ha segnato in modo importante la vita.

Tante volte nel riproporre il passato c’è la paura di non saperlo valorizzare, di non saperlo rendere utile al futuro, quando lo fai ti pare di fare un salto nel vuoto ed il vuoto suona sempre con ignoto.

Credo che sia per questo che anche se riproponeva qualcosa di conosciuto, Claudio si sentiva ancora una volta di nuovo in viaggio... e ora lo sa che non esiste la terra di latte e miele!

Scusate l’irriverenza, mi vengono in mente i segni e i sogni di un grande e nostro navigatore, Cristoforo Colombo, oggi, naturalmente con le dovute proporzioni, mi sento di doverli accomunare.

Certo il sogno di Claudio non era così grande, non era così pericoloso, l’ignoto non era un buco così vuoto e scuro, ma tutti e due verso un destino ignoto, per l’uno piccolo e per l’altro grande, hanno navigato un loro mare.

Colombo ha dovuto lottare, superare gli scetticismi dei potenti di allora e solo grazie alla possibilità che ha avuto di incontrare la regina Isabella, grande donna convinta che il mondo non potesse finire sull’orizzonte conosciuto, Colombo ha potuto partire, con tre piccole navi , a quel tempo non esistevano ancora nemmeno i Galeoni, tre piccole navi e una ciurma di persone che non avevano niente da perdere anche se l’ignoto li avesse inghiottiti.

Per Claudio sicuramente è stato più facile, persone che credevano nella possibilità di far soldi con una storia già vecchia, ma che sentivano collaudata, se ne potevano trovare a bizzeffe e forse erano loro stessi a spingerlo su quella strada, ma anche lui correva incontro al suo ignoto, come sarebbe uscita la sua faccia dopo una simile avventura? Come si sarebbe potuto sentire se la sua storia si sarebbe persa nella banalità di un momento riportato alla memoria, ma vissuto senza più vita? Colombo cercava una storia nuova, Claudio cercava il modo migliore per dare nuova vita ad una storia vecchia.

Ed è partito con la sua ciurma di musicisti, a differenza di Colombo e per sua fortuna, fidati e fedeli al punto di capire subito con quale vestito il loro comandante avrebbe coperto il suo nuovo sogno e dando a quel vestito giusti colori per metterlo ancora di più in risalto.

Forse Colombo su quel mare tante volte si sarà sentito solo, tante volte aggrappato al legno della sua nave avrà guardato quell’orizzonte sempre piatto e sempre fatto solamente di acqua e di cielo, tante volte chi aveva intorno avrà maledetto la fatica e lo avrà maledetto per quella pazzia, ma Colombo sapeva che per arrivare doveva buttare il cuore oltre il sole e sapeva che si sarebbe sfracellato su quell’orizzonte se la sua terra nuova non ci sarebbe stata.

Anche Claudio aggrappato al suo microfono si è affidato al mare limpido della sua voce e della sua nuova musica, alzandosi dalla sua immagine come da un altare, per cercare nella voragine del tempo passato, una nuova terra sotto il mare.

Tutti e due guardando il mare nero che avevano davanti hanno cercato di immaginare cosa portavano in sé quelle onde, tutti e due hanno cercato di interpretare i suoni che ne arrivavano e si saranno accesi di speranza ascoltando uno sciabordio gentile, o si saranno preoccupati davanti ad un rombo cupo. Ma hanno attraversato i portici e i labirinti delle loro visioni, navigando in quel grande calice inebriante del mistero di una nuova sponda da raggiungere, una sponda sconosciuta che dopo un attimo in cui ti senti arrivato, spesso apre una strada verso cui ripartire per cercare una nuova terra da scoprire.

In qualche momento si saranno sentiti soli e in quel momento avranno sentito dentro di sé gridare forte qualcosa che gli diceva di aver fatto una pazzia senza senso, ma un attimo dopo qualcosa gli avrà detto che bisogna credere nell’assurdo perché senza quella sfida portata fino in fondo, non si sarebbero sentiti fieri di sé stessi e forse quella sfida verso l’ignoto e l’imponderabile esiste e serve proprio a quello scopo, a sentirsi fieri di sé stessi. Dentro l’anima dell’uomo, credo di noi tutti, a volte si sentono spinte che portano dove nemmeno noi avremmo pensato di dover andare, sentiamo di doverlo fare e contro la nostra paura, contro la nostra stessa ragione che non vorrebbe, ci leghiamo più forte all’albero maestro della barca che traccia il solco all’equatore, inseguendo la nostra strada di stelle... senza sapere dove andare, ma sapendo di dover andare.

Un marinaio gridò “terra” e Colombo anziché inghiottito dal mare venne inghiottito dalla storia, si spegnevano le ultime note della musica e Claudio anziché finire inghiottito dal passato, veniva nuovamente riscaldato da quel passato sul quale aveva soffiato vento con immensa classe, facendo risalire dalle ceneri un nuovo fuoco giovane e quell’applauso finale della prima parte, grande, forte e liberatorio, gli sarà suonato come una musica profonda e immensa.

Caro Claudio, non avrei voluto vederti arrivare a fare un simile spettacolo, ma ora che lo hai fatto (chiedo prima scusa a Colombo per l’irriverente parallelo), mi tolgo il cappello davanti alla tua innegabile classe
 

Renato

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