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Parco della Musica, Dicembre
2011
Dieci dita, venti ore
della mia vita
Una volta il Natale era per me attesa per
i regali, non grandi cose, ma cose desiderate che portavano in sè un simbolo
di una strada percorsa con una correttezza bambina che portava appunto al
Natale. Ancora una volta ero stato bravo e ancora una volta era regalo e non
carbone. Erano occhi sbarrati a guardare in su se si vedeva qualche strano
personaggio passare, erano giorni in cui ti veniva concesso qualche cosa in
più. Oggi non ho più molto da festeggiare, direi praticamente niente e per me
il Natale è diventata una festa non festa, dove si deve festeggiare per forza
qualcosa che trova un senso solo nei ricordi di tante occasioni passate in
tempi ormai lontani. La magia aveva cominciato ad incrinarsi un giorno in cui
nascosto in un armadio avevo trovato l'aereo chiesto per regalo, ma i miei
genitori erano riusciti a farmi passare la cosa come una consuetudine di Babbo
Natale nel farsi aiutare dai genitori a portare i regali per i troppi bimbi
del mondo, avevo voluto credergli, come spezzare un incanto che allora andava
ancora al di là del semplice regalo e abbracciava tutta un'atmosfera che per
noi bimbi era densa di dolcezze e di attenzioni da parte degli adulti?
Poi il tempo è passato, la situazione si è invertita, eravamo noi diventati
genitori a dover far rivivere la favola del Natale, lo facevamo sapendo che
presto si sarebbe scoperta per quello che era e allora cercavamo di stare
attenti a dare risalto più all'atmosfera che alla consuetudine dei regali, al
senso della festa che in gran parte si racchiudeva nello stare insieme, nel
ritrovarci, nella nuova partenza di una speranza buona che quel giorno
racchiudeva in sè.
Oggi siamo tutti cresciuti, sono passate vicende dolorose e le persone che
abbiamo ancora intorno sono cresciute con noi, con i loro problemi e le loro
preoccupazioni, sopratutto però con vicende della vita nelle quali non sempre
si trova speranza e leggerezza nel guardarci dentro e nel guardare avanti.
Così per me Natale è diventato un gioco strano, un gioco che dura un giorno
solo, dove si cerca di lasciare fuori dal cerchio in cui ci ha racchiuso la
vita, tutti i problemi, ma poi ti accorgi che anche questa effimera pace costa
fatica, impegno, difficoltà e incomprensioni con gli altri e il gioco si fa di
volta in volta meno bello, meno spensierato e più pesante da affrontare, al
punto che rimane soltanto il peso di essere felici per un attimo, o almeno di
fingere di esserlo, se non per noi, per qualcuno che abbiamo accanto e che
quella magia ha ragioni e diritti per viverla ancora.
Quest'anno però un regalo vero l'ho ricevuto, abbiamo sempre bisogno anche noi
di regali, ma di regali diversi, non cose più o meno futili, ma regali che
danno energia e nuove voglie, che liberano le nostre emozioni e non ci
facciano mai perdere il gusto per il bello, il bello inteso così, in senso
assoluto, quello che riempie l'anima e ci da modo di guardare la vita con
altri occhi, magari un pò più bambini, certamente un poco più aperti... quest'anno
nello scorrere dei giorni si è sistemata questa occasione di liberare pensieri
ed emozioni, un'occasione che ha portato i cuori a battere un ritmo più alto
della tranquilla routine di giorni esausti di consuetudini, di buone
intenzioni prefabbricate. Quest'anno c'era Claudio che ci offriva una
occasione nuova che avremmo potuto giocarci al meglio dei nostri desideri...
due giorni che avrebbero potuto essere poesia, avrebbero potuto essere
incanto, grande musica e parole che spingono pensieri nuovi a creare nuovi
orizzonti, oasi azzurra nei pensieri grigi, tempo da riempire di amicizie e di
nuovi valori.
Avrebbe potuto essere tutto questo o solo qualcosa in particolare, avrebbe
potuto essere senso e ragione, avrebbe potuto essere solamente l'incontro che
affascina, o che rinnova il piacere di incontrare qualcuno che senti come un
vecchio o nuovo amico.
Io ho voluto lasciar scorrere questa nuova opportunità per lasciare che l'arte
di quest'uomo mi passasse dentro, senza chiedermi cosa ne avrei ricevuto, ma
pronto a riceverne più che potevo.
Per me sono stati due concerti in due giorni consecutivi, per cui i miei
ricordi salteranno un pò da uno all'altro, forse anche uno nell'altro, ma
voglio lasciarmi andare così come mi verrà, non voletemene se qualche volta vi
sembrerò un pò confuso, ma sono stati due giorni nei quali alcune cose si sono
confuse e integrate fra loro e, quando potrò farlo, vorrei raccontarle come se
fossero un solo giorno.
Se il primo giorno nel preconcerto è stato sopratutto attesa di un'amica che
avrebbe condiviso con me il concerto all'auditorium, un'attesa riempita da
incontri più o meno inaspettati e di tempo passato fra il bar e la libreria,
il secondo è cominciato molto prima, nel pomeriggio.
Solo una cosa chiedevo quel pomeriggio in cui sono uscito di casa, solo una
cosa in più a quel giorno rispetto a ciò che avrei di certo ricevuto da
Claudio... da Claudio sapevo che avrei ricevuto arte ed emozioni da gustare
poco per volta fino in fondo, fino a che ce n'era nella mia capacità di
coglierle... ma a quel giorno chiedevo di vivere al meglio una mia nuova
amicizia, un'amica conosciuta non molto tempo addietro e con la quale
condividevo angoli di cuore che avevano trovato assonanze nel dolore,
ritmicità nelle gioie, melodie nelle speranze, un'amica nuova per arricchire
la mia vita.
Il navigatore ha un'anima e si può rivelare un vero amico pronto ad aiutarti,
basta metterlo in condizione di poterlo fare e io purtroppo non l'ho fatto
fino in fondo, ma lui ha fatto del suo meglio e in quella via dal nome così
strano e così tanto Romano in qualche modo mi ci ha portato, via delle Sette
Chiese.
Mi ci ha portato passando da un dedalo di viuzze a senso unico, attraversando
una piazzetta con una stretta curva che evitava di farmi passare sotto un arco
che dava in una parte del quartiere che aveva un senso ancora più raccolto,
invitava ad andarci quell'arco, a passarci sotto per vedere quale città si
nascondeva dall'altra parte tanto sembrava ancora più diversa da quanto già mi
sembrava Roma da questa parte, ma tant'è, il navigatore indicava un'altra via
e nell'altra via sono andato. A dire il vero mi ha portato nelle vicinanze
della mia meta e a piedi mi sono incamminato verso il luogo di incontro. Una
Roma davvero inconsueta, un quartiere con un'anima tutta sua un pò come il
quartiere di Casalbertone, dove abitano i miei parenti, un quartiere che
rivendica una sua autonomia dal nucleo storico cittadino, ma che non dimentica
di essere parte di Roma con le sue case a mattoncini e il dialetto romanesco
che curva seguendo gli angoli dei palazzi per risuonare intorno a te. Chiedo a
una signora se sono nella direzione giusta e lei mi risponde chiedendomi chi
cerco, abitava dove dovevo andare io e incurante della possibilità di sentirsi
curiosa, si intrufolava in quell'angolo di vita che stavo inseguendo quel
giorno. "Una persona che è qui di passaggio" gli rispondo e finalmente, mi
conferma di essere sulla strada giusta.
E la mia nuova amica era là... dall'altra parte dell'etere al telefono con
me... vedo il suo sorriso mentre mi viene incontro e già capisco che sarà una
giornata speciale.
La macchina per un pò diventa il nostro nido, un posto nostro che attraversa
Roma per portarci dove ci sarà più facile sognare, fluiscono le parole...
aspettative e timori per quella che sarà la serata, ma servono a conoscerci e
a farci capire che sarà facile condividere il tempo che verrà.
Ponte Milvio si raggiunge facilmente, cerchiamo il Tevere che sarà il nostro
accompagnatore per un pò e lo troviamo subito, perchè lui scorre perchè la
gente lo veda, perchè lui scorre per raccogliere sguardi e restituire immagini
di storie romane ascoltate o fantasticate da noi che lo stiamo a guardare.
L'acqua scorre, ma non troppo lenta lenta, immagino il barcarolo in piedi
sulla prua della sua barca e nella mia immagine lo vedo come un antico
gondoliere veneziano, in piedi e teso a domare i flutti con il suo remo, per
portare un carico, qualsiasi cosa sia, vitale per la sua vita.
Penso che il barcarolo avrà una sua storia da raccontare, avrà momenti da
ricordare e pensieri che sono corsi dietro gli argini del fiume inseguendo
sogni magari senza pretese, ma nonostante tutto sempre più grandi di lui...
perchè i sogni sono sempre più grandi di noi, altrimenti come potremmo
crescere inseguendo i nostri sogni?
Quanti sogni avrà visto finire fra quelle onde, quante volte si sarà sputato
nelle mani e avrà ripreso il suo remo per proseguire, mentre qualche lacrima
si confondeva con quelle del fiume, quante volte avrà lasciato al vento che
percorre il letto del fiume i suoi pensieri, quante volte avrà finito e quante
volte avrà ricominciato a vivere?
E il barcarolo è ancora là, anche se non lo vediamo e un pò lo siamo anche noi
figli di quel fiume, almeno per un momento, per quel momento in cui ne
percorriamo l'argine e facciamo compagnia con lo scorrere dei nostri pensieri
allo scorrere delle sue onde.
Credo sia proprio giusto che sia li, sul ponte Milvio, sopra quel tratto di
fiume,che i ragazzi lasciano i lucchetti come pegno d'amore. E' giusto perchè
credo sia li che il vento si porta via la loro promessa per portarla dove
nessuno la può trovare e la può sciogliere, un vento che scorre nella strada
del fiume e prende la sua rincorsa per volare, come appunto le promesse di
quei ragazzi, come le loro speranze... lo, sò, non sempre quelle storie
finiscono bene, anche il vento qualche volta si perde, ma quei minuti, quei
giorni, quegli anni belli vissuti, vorrei che possano rimanere come un
patrimonio di vita da ritirare fuori quando non si crede più che sia possibile
incontrare ancora quell'emozione, quando non si crede più che siamo capaci di
amare, perchè anche se un amore finisce, per un attimo amore lo è stato,
magari cieco, magari senza speranza, ma per un attimo almeno o per ciò che è
stato e sarà, è stato e sarà Amore.
E io sono convinto che almeno un attimo d'amore, uno per un bimbo, uno per un
vecchio, uno per la vita, uno per la natura, uno per noi stessi, uno per una
persona che vorremmo accanto, uno per ognuno di questi attimi d'amore vorrei
che nella vita lo vivessimo tutti.
E magari per ognuno di questi amori potremmo metterci un lucchetto, perchè no?
L'amore è quello che tutti noi vogliamo, magari ce ne vergogniamo di questo
sentimento, ma anche se facciamo finta di non vederlo, anche se lo nascondiamo
accuratamente a noi stessi, anche se lo camuffiamo, è lui che cerchiamo.
E' stato bello avere accanto quell'amica su quell'argine, è stato bello
condividere la stessa meraviglia per questa Roma che si abbandonava ai riti
del tramonto. Non è proprio un argine, è un camminamento ciclo pedonabile
quello che percorriamo dal piazzale di ponte Milvio verso il ponte di corso
Francia, si fa sempre più buio e l'orizzonte si colora di nuovi colori serali,
c'è un pò di sabbia sotto i nostri piedi e lì, in mezzo ai quattro venti e
allo spazio che ci circonda, si intuisce un pò di mare. Il mare si sente molto
a Roma anche se è non è li ad accarezzare le sue strade, anche se è un posto
da raggiungere, ha una storia da raccontare e ce la racconta qualche volta con
il maestrale, altre con il ponentino, lo fa dialogando con il fiume che a sua
volta porta al mare le storie raccolte a Roma.
Monte Mario è una collina scura che scompare contro un cielo sempre più
notturno, Roma, regina delle nostre vite, si mette la sua corona rossa, le
luci di Monte Mario sembrano aver invidia delle stelle, ma non è invidia, è la
voglia di farci sentire il cielo più vicino mentre noi perdiamo i nostri
sguardi in cerca della nostra stella, di quella che non smette mai di guidarci
e che noi non smettiamo mai di cercare.
Ci accoglie un bar-pasticceria già frequentato da me in altre occasioni, vado
con la gioia di vedere chissà quali piaceri che rendono dolce il palato, ma la
vetrina delle torte è vuota,o piena, a metà. Rimango un pò deluso e ci
abbandoniamo al mio cappuccino e a una tisana, ma anche in quello purtroppo la
richiesta della mia amica di una tisana d'erbe viene disattesa e la tisana è
abbastanza banale, non rimangono che i pasticcini, che sono buoni e mi tolgono
un pò d'amarezza per quel poco di delusione che il posto mi ha lasciato... ma
ci sono affezionato a quel posto, mi ricorda altre giornate baglionare.
A questo punto si fa largo nei nostri pensieri che sarà Claudio a farci
continuare la serata e tutto comincia a ruotare attorno a lui.
L'Auditorium diventa il miraggio e si materializza ben presto dopo aver
spostato l'auto e ritirato i biglietti... che bello stringere quei biglietti
in mano, ecco, con questi si entra, ci siamo.
Alcune amiche scorrono nel film della serata, volti che rivedo volentieri con
i quali si scambiano le prime emozioni dell'attesa, con alcune di loro ho
condiviso molti concerti e rivederle mi fa molto piacere. E ci sono i nostri
posti, e c'è un'auditorium che va pian piano riempiendosi facendo sparire il
rosso delle poltrone per una varietà variegata di colori nuovi di cuori e di
vestiti.
Non mi sembra vero, essere li, sapere che fra poco ci sarà Claudio, sapere che
fra poco le note di Claudio ci attraverseranno perchè Claudio saprà spingersi
nei pensieri aprendoci nuovi orizzonti.
La luce si spegne, una volta, poi un'altra, ma perchè non arrivano qualche
minuto prima queste persone? Perchè devono venire a rompere le scatole e
disturbare i palloncini ai quali ci stiamo aggrappando? Poveri, magari non è
colpa loro, ma a me che già sono li e già mi sto caricando di attese, un pò mi
infastidisce questo via vai di gente davanti, accanto e dietro di noi, gente
che mi domando come abbiano fatto ad aspettare l'ultimo istante per ritrovarsi
in quel tempio della musica, ma non sentivano da prima l'attesa?
Ed è la sua voce, e le mani stringono forte i braccioli delle poltrone e delle
sedie, luci blu sul palco e in platea fanno risaltare le persone vestite di
bianco, trasformando il bianco in uno strano violetto... e gli occhi brillano
un pò di più mentre sembra ci fosse un'aria che sa di umido e fresco ad
accarezzarli.
Ed è Claudio che scherza felice di essere li, lo è con molta evidenza e la sua
felicità si tramuta in battute spontanee che manterranno la loro spontaneità
anche nei giorni seguenti, perchè Claudio è così, un po nuovo ogni volta, come
se anche per lui fosse sempre la prima volta. E il povero Salzano se ne becca
di tutti i colori e sentirà un poco di sollievo quando Claudio si mette al
pianoforte per cantare... e dalla voce e dalle mani di Claudio cominciano a
uscire melodie e voli di parole che impregnano subito l'aria di una magia che
ti avvolge e ti culla, che ti scuote e aiuta a ritrovare dentro di te energie
mentali inaspettate... e con quest'ultime anche tu cominci a volare.
Ad iniziare il concerto il primo giorno è stato :"Tutto l'amore che posso",
mentre il secondo giorno è "Solo" per Claudio e con Claudio al pianoforte per
iniziare due scalette che di certo non ricorderò, ma Claudio non è solo, è
dentro ad una miriade di cuori, mani, voci che lo coccolano con il pensiero e
come possono, lo coccolano felici di restituire tanti momenti di azzurro che
ci ha aiutato a strappare al grigiore, restituire momenti che riavremo in un
eterno dare-avere di emotività e di nuove speranze da accarezzare, da
coltivare.
Dicevo che la scaletta non la ricordo, ma ricordo il fluido magico che mi
attraversava addentrandomi nel concerto, inframmezzato da siparietti carini,
Claudio crescendo è diventato un pò più monello nel suo modo di esprimersi, ma
lo fa con simpatia rendendo la cosa leggera e divertente, addentrandomi nel
concerto sembrava impossibile che la tensione emotiva potesse continuare a
salire, ma era praticamente impossibile frenarla, tali e tante erano le
canzoni incredibilmente gradite che Claudio mi spingeva nel cuore.
Solo un signore dall'aria un pò anziana con una ragazza molto giovane,
adolescente, forse la figlia, vicini a me assistono tranquilli senza proferire
troppe emozioni.
Con tutto l'amore che posso, Ora che ho te, Tamburi lontani... per citarne
qualcuna che avevo particolarmente voglia di sentire, ma potrei citarne tante
altre e intanto l'emozione che ci assaliva ci rendeva quasi isolati dal mondo,
Ed il mondo per un pò credo ci abbia ascoltato, per un pò credo sia rimasto
davvero fuori di noi per lasciarci alla nostra emozione, in un gioco infinito
di cuori che si rincorrevano sulle onde della musica.
Stupisce che Claudio riesca sempre a stupire, la sua voce è sempre
semplicemente meravigliosa e sembra non sentire più di tanto il passare del
tempo, riempie l'aria di suoni melodiosi che sposano perfettamente i suoni che
escono dagli strumenti e sentirlo così, ridotto all'essenziale della voce e di
uno strumento, uno qualsiasi di quelli che ha usato, è davvero qualcosa di
toccante, qualcosa che ti entra dentro e ti fa immaginare le mille scene dei
suoi brani, come fossero un film, con i contorni della sua capacità di
interpretare più che cantare le sue canzoni.
Vedrai vedrai e il signore vicino a me finalmente applaude, forse non è un
fans di Claudio, certamente conosceva Tenco, ma certamente è uno che ama la
grande musica e si rende conto che per quanto magari non sia un suo idolo,
Claudio ne è grande interprete.
Reginella, Io dal mare, continuano le perle con cui Claudio sta infilando una
bellissima collana e per legarle insieme ci racconta aneddoti, storielle,
anche semplici battute divertenti, ma è davvero stupendo nell'omaggiare una
signora incinta, dolcissimo e un pò "monello" nel sollevare un poco la gonna
per "mostrar le calze che sembrano un addobbo di Natale" di un'altra ragazza,
esilarante nella storiella del nome del figlio...
E infatti c'è anche Giovanni, incredibilmente bravo come sempre nel gareggiare
in virtuosismi mai fine a sè stessi con la voce del padre, ne esce una cosa
stupenda e travolgente sul tema di "via", i suoni particolari della chitarra
di Giovanni sposano perfettamente le variazioni vocali di un Claudio che
sembra cantare spinto dall'orgoglio di mostrare a tutti un simile figlio tanto
geniale.
Il pubblico in piedi e Claudio divertendo e divertendosi: " ma come? Io canto
da due ore e ora arrivi tu, fai una canzone e tutti si alzano per applaudire!"
Ma sono certo che anche se era già in piedi, anche lui si era alzato un poco,
magari sui tacchi, per applaudire.
E poi per me quella che è stata la chicca della serata, forse non è nemmeno
giusto dire così vista l'eccellenza complessiva della serata, ma questa
canzone è inaspettata, è inaspettato l'arrangiamento di Giovanni, è
inaspettata a mio parere la performance vocale di Claudio che davvero supera
sè stesso... l'ultimo omino... l'ultimo omino che è quello di Giovanni mentre
gioca con i videogiochi e al quale lascia la sua speranza di vittoria o almeno
di sopravvivenza, ma l'ultimo omino in quel momento era anche Claudio perchè
dopo la sua perfezione nell'esecuzione, di questa come di altre, ma di questa
in particolare, credo che non ci sia altro e altri, oltre, nel campo della
musica pop.
E poi Giovanni da solo, e poi Giovanni ancora con suo papà in un finale
travolgente sulla musica di Vivi.
Claudio si è spesso spinto fra il pubblico con generosità, vagava di qua e di
la fra il pubblico del palco e sembrava cercare visi conosciuti, alcune volte
mi è passato vicino e guardare il suo viso sereno era rassicurante anche per
noi, confesso che avrei voluto che si fermasse un poco dall'amica che avevo
accanto che, come sempre, viveva appassionata e tranquilla il suo momento con
Claudio, non lo ha fatto, pazienza! Si è poi spinto in platea e sembrava
galleggiare su un pubblico che tutto sommato mi è sembrato piuttosto corretto,
tanta passione si, tanta ricerca di vicinanza, ma nessuna scena poco
edificante e credo che Claudio sia stato contento di tutto questo. Si era
lamentato che una delle sere precedenti il pubblico non era stato al meglio
come comportamento, ma ora credo si sia ricreduto e abbia dimenticato gli
eccessi di una sera. Può essere contento, credo, di noi.
Galleggiava dicevo, sopra un mare di affetto e sopra onde di un mare
invisibile agli occhi, ma visibile al cuore, che lui stesso ha creato con la
sua musica, galleggiava e navigava fra i corridoi, approdando ora da una
persona ora da un'altra, scoprendo le terre nascoste delle emozioni della
gente incredule davanti ad un simile regalo, Claudio che viene da noi, invece
che quello che succede di solito e cioè, noi che andiamo da lui.
L'ultimo gruppo di canzoni, l'ultimo medley, si vorrebbe che non finisse mai,
si guardano gli orologi con la speranza che il tempo si sia fermato ad
ascoltare e che si sia dimenticato di scorrere, almeno li dentro, almeno in
quel bellissimo teatro che davvero accoglie la musica come meglio non si può
pensare che possa accadere. E' un bellissimo colpo d'occhio, Claudio piccolo
ed enorme in mezzo al pubblico che lo cinge da tutte le parti, il rosso è il
colore che predomina, ma non è il rosso il colore della passione? E qual'è
quello dell'emozione? E stiamo li, ormai tutti in piedi a guardare Claudio che
passa da uno strumento all'altro regalando le ultime perle, felice ed
entusiasta e forse un pò incredulo esso stesso di tanto affetto intorno, è
bastato darci la possibilità di manifestarglielo e la nostra voglia di
gratificarlo per tutto ciò che ha dato alle nostre vite è esplosa.
Anche il signore e la ragazzina vicini a me, prima tanto seri e compassati,
ora sono in piedi ed applaudono convinti.
Rimane strada facendo, canzone con la quale Claudio chiude il gancio della sua
collana di perle.
Si esce, la prima sera il saluto con chi ha condiviso con me il tempo è stato
necessariamente veloce, non poteva essere altrimenti purtroppo, si incontrano
altre persone, un'amica che è riuscita a trascinare qui dentro il suo scettico
fidanzato, un'altra con la quale si rimpiange il poco tempo a disposizione per
confrontare le nostre emozioni, Sabrina e Tony, cuore e polmoni di Doremifasol,
l'ultimo saluto ad un'amica alla quale avevo procurato il biglietto insieme ad
una sua amica, lo facciamo indugiando davanti all'auditorium come se davvero
non ce ne volessimo andare mai.
E poi le strade di Roma di notte con il navigatore al quale abbiamo affidate
le speranze di ritrovare la via di casa, strade che man mano si allontanano
dall'auditorium si svuotano di gente e di traffico, strade fra una Roma
bellissima con le sue penombre dalle quali sbuca fuori San Pietro, il Castel
Sant'Angelo, i viali del Lungotevere attorno a Trastevere e all'Isola
Tiberina... tutto sembra addormentato, tutto sembra avere un sorriso, tutto
sembra felice di aver vissuto un giorno bello da incorniciare.
E credo sia vero, credo che questa città sia felice di questo suo grande
figlio e di chi tanto lo ammira facendo strade e incontrando a volte disagi
per incontrarlo, pensando a questo ci regala la sua benevolenza e lo fa come
può, mostrandosi più bella possibile e sorridendoci con i suoi muri, con le
facciate dei suoi palazzi, con la bellezza dei suoi ambienti.
Una prima meta della prima sera è un albergo da trovare, poi un'altro, la mia
macchina saluta l'allegria e la partecipazione delle mie compagne di quel
breve viaggio, breve ma intenso di parole e d'amicizia, la seconda sera per
meta ha il quartiere da dove siamo partiti, questa volta al navigatore ho dato
notizie più precise e mi porta a destinazione con sicurezza, attraverso quella
piazzetta tanto poco romana, con quella strana curva dove è molto difficile
non salire sul marciapiede con la ruota posteriore, vedo quell'arco ormai
divenuto famigliare che porta in un angolo ancora più nascosto del quartiere,
ed ecco il nostro approdo.
La mia amica se ne va con il tuo passo svelto... perchè si deve arrivare per
ripartire nuovamente lungo le strade del domani, strade di sogno che in loro
vorrebbero percorrere oasi azzurre e radure verdi di serenità e di speranze
nuove.
Ora sono solo nel rientrare a Casalbertone, ma con una gioia seduta accanto.
Renato
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