Claudio Baglioni Unaparolaperte.net
Messaggeria |
Dal sito ufficiale lettera di Claudio ai Clabber
. La veglia e la festa…
Due parole sulla seconda e due anche sulla prima.
La festa.
Anche se la veglia è stata un po’ più lunga e movimentata del previsto, alla
fine, la festa c’è stata.
Ed è stata una bellissima festa.
Non che sia una novità per quei pirotecnici incontri ravvicinati che sono i
nostri raduni.
Al contrario: non se ne ricorda uno che non ci abbia nutriti delle emozioni che
inseguiamo per far sì che il nostro tempo valga la pena di ospitarci tra i suoi
inquilini.
Ma è sempre bello poterlo riconoscere a cuore aperto e ascoltare vibrare, una
seconda volta, le emozioni di ritorno che la memoria ci regala, quando ci
accompagna ad indagare il passato.
E non solo perché, come si dice, “tutto, in lontananza diventa poesia”, ma anche
perché il riprodursi di questa energia positiva aiuta a ricaricare le batterie e
ci dà un po’ di spinta in più per affrontare tutto il resto.
Ed è bello poter gustare –anzi rigustare- insieme la filigrana particolare di
queste emozioni con quanti, come voi, hanno soffiato l’anima della passione in
questa festa e l’hanno resa ciò che tutti noi desideravamo intensamente che
fosse: una festa, appunto.
Confesso che era tempo che non vivevo un clima così intenso e così acceso e che
non partecipavo ad una festa così bella.
Credo che nessun teatro abbia mai ospitato una serata così. E credetemi: qualche
teatro l’ho visto e a qualche serata ho partecipato. Non lo dico per piacere o
per compiacere, ma perché è quello che sento: ciò che motiva il grazie che vi
devo e l’affetto che vi restituisco.
E’ inutile: ci sono emozioni alle quali non ci si abitua mai.
La corsa pazza ad occupare i posti del teatro che, dietro le quinte, abbiamo
vissuto come il crescere, sempre più forte, del richiamo incalzante di un
milione di tamburi sempre meno… lontani;
i visi trasfigurati delle emozioni che raggiungono, finalmente, la superficie
dopo la lunga apnea dell’attesa;
gli occhi aperti a rubare e imprimere ogni istante sulla pergamena dell’anima,
perché nulla vada perduto;
le labbra deformate dall’urlo del canto e le braccia alzate al cielo a lanciare
in aria tutte le lettere e i simboli dell’insondabile dizionario delle emozioni.
Sono cose alle quali non ci si abitua mai.
Così come non mi abituerò mai alla scossa che dà questo corto circuito di
energia. Questa marea di elettricità invisibile che passa di mano in mano,
dal-palco-alla-platea-dalla-platea-al-palco, dove non solo mai una goccia si va
a perdere, ma che monta, monta, monta fino a scaricarsi con tutta la forza sulla
spiaggia della nostra sensibilità, per una mareggiata salutare di nuova
vitalità.
Una grande festa, allora.
Che mi ha reso felice e per la quale non posso che restituirvi il grazie che era
contenuto nei vostri sguardi e nelle vostre parole.
La veglia.
E, forse, mai raduno ha avuto un titolo più azzeccato di questo. “La veglia e la
festa”. Come dire l’attesa e la gioia.
E, visto che della festa ho parlato, vorrei dire due parole anche riguardo alla
veglia che l’ha preceduta.
Anche queste sono cose alle quali non ci si abitua mai (ma per altre ragioni,
purtroppo).
E io non ho alcuna intenzione di abituarmici.
Se la parola regina della festa è stata emozione, per la veglia sono costretto a
usare un’altra parola.
E la parola è indignazione e intendo usarla con tutta la sua forza significativa
ed espressiva.
Nessuno –né io, né voi, né nessun altro- in nessuna circostanza e per nessun
motivo è autorizzato a fare ciò che qualche “vuoto a rendere” con al collo un
pass il cui significato/valore, evidentemente non conosce (come recita l’abusata
saggezza popolare: “l’abito non fa il monaco”), si è permesso di fare.
Mi riferisco al modo -inqualificabile e ingiustificabile- nel quale, addirittura
un’ora prima dell’apertura dei cancelli (e, quindi, quando nessuno poteva
presagire i disagi che si sarebbero manifestati qualche ora più tardi) alcuni
individui aggredivano verbalmente e non solo (c’è chi si è lasciato andare
all’incivile pratica dello sputo), ragazzi del Clab e della Security.
Mi spiace.
Ma è un genere di comportamenti per i quali non c’è scusa. Nessuna.
Né mai ve ne sarà.
La violenza (perché di violenza si tratta) –fisica, verbale o psicologica che
sia- è, per sua natura, ingiustificabile e inaccettabile, e non ha, né avrà mai
cittadinanza tra quanti intendono avere rapporti con me, con i miei amici e
collaboratori, con il nostro ClaB.
Una piccola parentesi a questo proposito.
ClaB è una libera associazione.
Vi si aderisce per scelta, non per coazione.
Chi ritiene (e ne ha tutto il diritto) di non riconoscersi in ciò che facciamo e
nel modo nel quale lo facciamo sappia che, così come è ampia la porta per
entrare, è altrettanto ampia quella per uscire. Ed entrambe queste porte sono
aperte.
Sempre.
E così come noi tutti siamo felici di accogliere chi desidera fare un piccolo
pezzo di strada insieme a noi o ci dispiace (ma non gliene vogliamo) quando
qualche compagno di viaggio decide di sperimentare nuovi sentieri, allo stesso
modo non proviamo alcun disagio (anzi) a invitare ad allontanarsi chi, nelle
parole e nei fatti, dimostra di essere anni luce lontano dalla nostra idea di
stare insieme.
So che la stragrande maggioranza (per non dire la quasi totalità) dei Clabber
condivide questa riflessione e la sottoscriverebbe, e mi piacerebbe vedere
l’e-mail dell’associazione andare il tilt per i messaggi di simpatia ed affetto
per i ragazzi di Clab e per quanti lavorano perché a me e a voi sia data la
possibilità di sognare insieme. E’ un lavoro che merita rispetto: il mio e il
vostro.
Chiusa parentesi.
L’attesa, ho detto all’inizio è stata un po’ più movimentata del previsto. Ci
sono stati disagi (per i quali ci siamo scusati e ci scusiamo), malumori
(comprensibilissimi e assolutamente legittimi) e anche una certa tensione (anche
questa comprensibile e giustificata, almeno fin quando non degenera).
Per tutto questo ci tengo a dirvi come sono andate effettivamente le cose e,
adesso che ho avuto modo di ricostruire la giornata fin nei dettagli, cercare di
motivare l’accaduto.
Questo, naturalmente, non elimina né disagi, né malumori, né tensioni, ma aiuta
a capire e serve –a me e a voi- da esperienza per le occasioni future.
Anche perché –e di questo garantisco personalmente- chi collabora con me (tutti,
nessuno escluso) lo fa con il massimo impegno, la massima serietà e la massima
professionalità per risolvere e non per creare problemi, nella speranza di
offrire qualcosa di bello che valga la pena di ricordare e non una serie di
sgradevoli momenti da archiviare al più presto.
Le cose sono andate così.
Volevamo un teatro, perché il tema e il tipo di spettacolo che avevamo in mente
erano entrambi “teatrali”.
Un solo teatro era in grado di ospitare il nostro raduno: il Gran Teatro, che
conta 3050 poltrone e può contenere 3800/3900 persone.
Per le ragioni artistiche accennate all’inizio e per il fatto che dai dati in
nostro possesso
(quelli in base ai quali, ogni anno, ricaviamo la stima delle presenze ai
raduni; stime che evidentemente funzionano, visto che non ci siamo mai
sbagliati) il Gran Teatro era perfettamente in grado (come poi è effettivamente
avvenuto) di ospitarci tutti.
Allora perché le tensioni e i problemi iniziali?
Per una serie di circostanze sfortunate e di spiacevoli fraintendimenti.
Vado con ordine.
Aperti i cancelli, il teatro comincia a riempirsi. Quando si avvicina l’ora
prevista per l’inizio del raduno, la sala è già piena.
O, almeno, così sembra (!!). In realtà ci sono ancora molti posti vuoti,
nascosti da cappotti e zaini, e moltissimi spazi liberi, occupati da chi
preferisce stare in piedi o accovacciarsi sotto il palco.
A me (che sono dietro il palco e, evidentemente, devo stare a quanto mi viene
riferito) viene dato l’ok per cominciare. C’è ancora una piccola folla fuori
(due/trecento persone), mi si dice, che, però, sta prendendo –anche se
lentamente- posto all’interno.
Pochi minuti e si può partire.
Ripasso ancora una volta tema e scaletta con i miei e mi accingo a iniziare.
Nel frattempo responsabili del Gran Teatro, Vigili del Fuoco e Polizia, vedendo
la sala già piena –per evitare problemi e fare in modo che l’accesso avvenga
senza rischi per la sicurezza- bloccano gli ingressi, in attesa di verificare se
ci sono le condizioni per far accedere tutti.
Peccato che nessuno -né io, né quelli dentro, né quelli fuori dal teatro- sappia
cosa sta succedendo.
Salgo sul palco e alle note di “A modo mio” succede il patatrack. Quelli fuori,
credendosi ingiustamente esclusi dal raduno, cominciano (giustamente) a
protestare e premono sui cancelli.
Nel frattempo mi si chiede di dilungarmi sul primo aneddoto (quello del
commissario Cutrufo, per intenderci) in modo da dare il tempo a tutti di
entrare.
Così faccio.
Ma il nodo non si scioglie. Fuori dal teatro la tensione cresce e la situazione
rischia di degenerare e divenire ingovernabile.
La tensione è alle stelle.
Le assicurazioni di Vigili del Fuoco e Polizia non bastano più. Devo
intervenire.
Interrompo lo spettacolo ed esco. Mi arrampico su una transenna, qualcuno
recupera un microfono e un amplificatore e cerco di spiegare alle persone
rimaste fuori (250/300, per quello che vedo e per quanto mi riferiscono sia
Polizia che Vigili del Fuoco) che Vigili del Fuoco e Polizia stanno verificando
spazi e condizioni di sicurezza per far entrare tutti.
Se non dovesse essere possibile –aggiungo- sono disposto replicare il raduno:
subito, dopo la fine di quello avevamo appena interrotto.
La tensione si raffredda un po’, ma disagio e malumori restano. Né può essere
altrimenti e lo capisco. I problemi organizzativi sono tanti (viaggi lunghi e
faticosi, problemi con gli orari di pullman e treni, bambini piccoli, un lunedì
lavorativo che si fa sempre più vicino, la stanchezza che si fa sentire sempre
di più e il timore che alla stanchezza si aggiunga la delusione di un incontro
mancato) e restano tutti.
C’è una consultazione febbrile con i responsabili di Polizia di Stato e Vigili
del Fuoco che capiscono la situazione e decidono di accelerare la verifica della
disponibilità degli spazi e della percorribilità delle vie di fuga. (E’
soprattutto grazie a loro se la festa c’è stata e si è svolta senza alcun
rischio sotto il profilo della sicurezza: gli dobbiamo tutti un grande grazie!).
Ancora qualche minuto di pazienza e tutti potranno entrare, annuncio, mentre la
tensione va, piano piano, alleggerendosi.
Rientriamo in teatro. Grazie anche alla collaborazione dei Clabber già in sala,
vengono individuati i posti che sembravano occupati (ma che erano ancora
liberi), sgombrati passaggi e vie di fuga e, lentamente, quanti erano rimasti
fuori cominciano ad entrare e a prendere posto in sala.
Passano pochi minuti e in cuffia qualcuno mi avverte che sono entrati tutti.
Lo dico nel microfono e, insieme al mio, esulta il cuore del popolo Clab, che,
finalmente, può lasciarsi andare ad una ovazione liberatoria.
E festa sia!
Il resto è storia che tutti conoscete: la storia di una bellissima festa.
Morale.
Tutto è bene quel che finisce bene, come recita un vecchio motto. Ma,
intemperanze di pochissimi a parte, a noi dispiace sempre quando si creano
questi disagi, perché conosciamo il valore delle cose, delle vostre persone e
del vostro tempo e ci dispiace ogni volta che qualcosa intacca questi valori.
Ecco perché ci tenevo che foste informati, il più presto possibile, sul come
sono andate effettivamente le cose.
Questo naturalmente non cancella la brutta pagina iniziale di questa storia, ma,
almeno, la spiega.
Servirà da lezione a tutti i protagonisti.
Quelli dietro, sopra, sotto e fuori dal palco, nella speranza che tutti ne
facciano tesoro per il futuro.
Per il resto, buon viaggio nella vostra vita con l’augurio che, per quanto lunga
e dura possa apparire la veglia, quando la festa arriva, vi faccia sempre dire
che ne è valsa la pena. Un grande abbraccio.
Claudio.
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Rassegna Stampa
..credo che alla fine della serata ognuno di noi abbia ripreso la strada del ritorno colorata di nuove emozioni e... a volte bisogna distinguere che cosa fa notizia e cosa accade veramente....
Il Corriere della sera
Tor di Quinto, tensione al raduno del fan club del cantante.
Stasera bis per seimila al Palaghiaccio
Baglioni ferma il concerto e fa entrare chi è rimasto fuori
Tremila posti a sedere, centinaia di persone all'esterno L'intervento dei vigili
del fuoco
Sono arrivati in troppi per il raduno del «Clab», il fan club di Claudio
Baglioni. E si è creata tensione perché qualcuno rischiava di rimanere fuori. I
più agguerriti invocavano «Le iene» e «Striscia la notizia». Invece è arrivato
Claudio Baglioni in persona per placare (con successo) i suoi sostenitori
rimasti fuori, ieri pomeriggio, dal Gran Teatro Tor di Quinto. Un incidente che
si è concluso con un torrenziale concerto del cantautore romano (quasi tre ore
di musica). E non ha scontentato nessuno. L'evento, gratuito, era riservato solo
agli iscritti al fan club del cantautore romano. Un migliaio di persone, secondo
alcuni - non più di trecento per gli organizzatori -, era rimasto fuori dalla
sala (capienza di 2.993 posti) mentre il cinquantunenne artista aveva già
cominciato a cantare. Erano arrivati da tutta Italia (isole comprese). «Abbiamo
fatto un po' di caciara - spiega Laura, biondina dall'accento napoletano che va
via prima della fine perché deve prendere l'aereo per tornare a casa - ma l'idea
di rimanere fuori non ci andava giù. Qualcuno ha anche chiamato Claudio buffone.
Non sono d'accordo. Come poteva sapere quello che stava succedendo? Lui ci tiene
a noi, e infatti è venuto a parlarci».
Baglioni, avvertito della bagarre quando era già sul palco, ha interrotto il
concerto ed è uscito tra la folla. Dopo aver ammesso «qualche errore»
nell'organizzazione ha tranquillizzato gli esclusi, dichiarandosi disposto anche
a replicare lo spettacolo, se qualcuno fosse rimasto fuori.
«È stato solo uno spiacevole malinteso - spiega Rossella Barattolo della Bug che
ha organizzato il raduno e compagna del cantante - non era un concerto a
pagamento e quindi non è stato possibile controllare il numero delle persone
arrivate. La gente in platea era rimasta in piedi, dando l'impressione che il
teatro fosse già pieno. Così i vigili hanno bloccato l'ingresso. La situazione
si è sbloccata quando Claudio ha chiesto a chi era già in sala di sedersi. E
abbiamo potuto far entrare tutti».
Il concerto è iniziato con un'ora e mezza di ritardo (alle 17.20 invece che alle
15.45 come previsto) ma è andato avanti senza incidenti. Baglioni, pantaloni e
gilet nero, accompagnato dalla band, ha ripercorso la sua carriera lunga 32
anni. In scaletta brani come «Avrai», «Quante volte», «Strada facendo». Da solo
ha anche riproposto vecchie canzoni, difficilmente inserite nei concerti
ufficiali, che sono state cantate in coro dalla folla. Stasera Baglioni canterà
contro la droga e gli incidenti del sabato sera al Palaghiaccio di Marino.
L'evento, organizzato dalla Provincia, è legato alla campagna sociale «O ci sei,
o ti fai. Io voglio esserci», in
collaborazione con il ministero del Lavoro e delle politiche sociali. E i
seimila inviti per il concerto (gratuito) sono esauriti. Sandra Cesarale
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La Repubblica(ROMA)
Cori e proteste dai fan di Baglioni
A casa arrabbiati i fan di Claudio Baglioni: ieri sera non hanno potuto
assistere al concerto. Teatro troppo pieno. Ma quello al Gran Teatro Tor di
Quinto doveva essere un concerto riservato agli iscritti al fan club del
cantautore. Si presentano in seimila, alcuni perfino dalla Svizzera. La metà non
riesce a entrare nel teatro che ha tremila posti.
Immediate la proteste. Il cantante lancia un'idea: «Posso fare un altro
concerto». Già, ma come si fa se molti, di Enna o Treviso, hanno già l'aereo
prenotato? La colpa? «Non è di Claudio. È l'organizzazione del fan club che non
funziona». Oggi alle 21 il cantante sarà al Palaghiaccio di Marino (km 19 di via
Appia Nuova) per un concerto contro la droga per la campagna "O ci sei o ti fai.
Io voglio esserci". (luciana cimino)
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Il Giorno
ROMA - Circa un migliaio di fan di Circa un migliaio di fan di Baglioni hanno
protestato fuori dal Gran Teatro di Roma (2.993 posti a sedere), dove si stava
svolgendo ieri il tradizionale raduno del fan club di Claudio, il "Clab".
«Buffone», «Vieni fuori», «È una vergogna», «Abbiamo pagato la tessera».
«Ci sono dei bambini...» sono stati i cori di chi è rimasto fuori. Interrotto il
concerto, Baglioni è uscito dal teatro, ha chiesto scusa e ha fatto accomodare i
fan in sala.
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ecc. ecc. ecc.