Dal "Messaggero" 29/04/02

Zeffirelli: l'Auditorium? Sarà il regno del pop
«Occasione sprecata, manca un teatro d'opera. E la musica leggera deve avere altri spazi»
di LUIGI PASQUINELLI

ROMA - Franco Zeffirelli, regista impegnato nel cinema e nell'opera lirica, osannato a livello internazionale, è fiorentino ma abita a Roma. Anche lui ha visto crescere nel Villaggio Olimpico le avveniristiche corazze dell'Auditorium. E l'inaugurazione, il 21 scorso, ha voluto unire, in una maratona musicale nel segno della commistione tra i generi. Ieri e sabato la mini stagione dell'Auditorium è stata varata da Francesco De Gregori e Giovanna Marini. D'ora in poi, la programmazione sarà contrassegnata da un'alternanza di concerti pop e classici. «E' una vergogna - tuona Zeffirelli - le priorità devono essere mantenute. Non si può mettere in piedi un'impresa del genere e poi consegnarla alla brutta musica leggera. Fosse stupenda, inaugurassero i Beatles, si potrebbe anche capire. Partono per fare la città della musica e finiscono con i concertucci di Patti Smith e De Gregori. Come si può prendere sul serio una cosa del genere?».
Non pensa che ci sia spazio per tutti i generi?
«No. La musica leggera dovrebbe avere luoghi come lo Stadio Flaminio, il Palazzetto dello Sport, che vanno benissimo».
Le piace, esteticamente, l'auditorio?
«E' molto bello, il complesso è interessante, il Italia i talenti non mancano, ma non basta la struttura architettonica per fare una città della musica».
Cosa manca a questo progetto?
«Una visione globale. Perché costruiamo una città della musica? A New York hanno il Lincoln Center, a Washington il Kennedy Center. Tutte le sere spettacoli di altissimo livello, chi vuole il balletto trova il balletto, una sera dirige Muti e l'altra Bernstein redivivo. Ma lì hanno dei vertici che sanno il fatto loro, esistono i cervelli. Bisognava ispirarsi a quello che fanno gli altri».
L'Auditorium è gestito da un triumvirato:Santa Cecilia, "Musica per Roma" e il Comune.
«Santa Cecilia potrà occuparsi della musica sinfonica e da camera ma qui ci voleva un coordinatore d'alto bordo come il Bogianckino dei tempi andati. Un grande amministratore, non un artista. Un commesso di Stato, quelli che lavorano per la comunità con idee che funzionano».
Qual è l'errore più grande di questo progetto?
«La mancanza di un Teatro dell'Opera. Ma come, fai la Città della Musica e dimentichi il Teatro dell'Opera? Quello attuale è assolutamente inadeguato, affogato tra i palazzi, è difficile arrivarci, all'interno non si può sviluppare da un punto di vista tecnico. Non dico di demolirlo ma poteva rimanere come sala accessoria».
Forse certi errori si potranno correggere in corsa.
«Oramai l'Opera non si recupera più. Mi dispiace perché era un'occasione meravigliosa. Avevano la fortuna di avere uno spazio stupendo al Flaminio, e l'hanno sprecata, spendendo tra l'altro centinaia di miliardi».
Perché non è andato all'inaugurazione?
«Ero troppo arrabbiato. Possibile che l'Italia non riesca a cogliere un'occasione? Non c'entrano i colori politici, in questo Paese non c'è speranza. Il grande Auditorium di Roma diventerà il regno di De Gregori e Baglioni».